Così, osservo la spuma sull'acqua, increspata dal passaggio dell'elica, linea dritta ed irregolare, perdersi nella nebbia bassa all'orizzonte, tra ampie vallate che si chiudono quasi fosse la cortina di un palcoscenico. Si confonde, scompare, nell'acqua torbida che torna piatta, liscia ed indisturbata. Chissà se mai possa essere così anche per i ricordi, inghiottiti dall'acqua, dal tempo, da cosa non si sa, se è giusto che sia così, se possa essere così. Chissà se osservare l'acqua passare sotto lo scafo, e le città alternarsi sulle rive, scorrere come sulla pellicola di un film, le bandiere distese al vento, lo stesso che ti investe sul volto trascinando gocce di pioggia sospese nell'aria, chissà se tutto questo può trascinare inquietudini e lenire ferite. Mi domando dove finisca questa scia lasciata dietro di noi, tracce invisibili che si perdono al nostro passaggio, nel ricordo, non si sa dove, se mai esistano, ed è una cosa triste.
E' un susseguirsi di villaggi incastonati, castelli arroccati a dominio di svolte improvvise e vedute a trecentosessanta gradi, di abbazie che un tempo avevano potere su intere regioni. A Visengrad le rovine spuntano fuori dalla foresta che attorcigliata sale lungo uno sperone, le vedi dal fiume, lassù, avvolte tra la nebbie ed i nuvoloni bassi, accessibili attraverso un sentiero nascosto che nasce da una via del villaggio, segnato lungo il percorso da cippi di pietra che regolano le stazioni della Via Crucis.
Nella giornata grigia, con il cielo carico di pioggia, tutto intorno acquista un timbro di colore uniforme, di mistero ed inquietudine, colori pastello spenti ed ovattati, viranti sul grigio, l'azzurro ed il verde scuro, inconfondibile da quassù ogni imbarcazione, ogni movimento che quotidianamente attraversa il Danubio, e quasi ti aspetti che dalla linea in direzione sud, là dove le acque scompaiono oltre un'ansa invisibile, improvvise appaiano imbarcazioni turche e risuonino rumori di destrieri a cavallo armati di tutto punto.
Sembra incredibile, ma entrambe le volte che prendo una barca, trovo una giornata di nuvole basse e grigie, minacciose di pioggia ad ogni momento. Anche sulla parte alta, quella che da Vienna risale la Valle del Vachau, sui cui declivi crescono viti di vini pregiati e frutti rigogliosi. Qui, in uno di questi castelli ormai spettrali, vittima della propria irruenza ed ingordigia, venne catturato ed imprigionato Riccardo Cuor di Leone. Si narra che per trovarlo, un fidato cavaliere vagasse per queste terre intonando versi cavallereschi ed appostato ai piedi di ogni castello attendesse una risposta. Sembra quasi di ascoltarle, quelle note nascoste del passato, sfiorando la riva. Sempre più a monte, la pioggia esplode, l'acqua permea del proprio odore l'aria che respiri. Per me è un sapore inconfondibile che mi piace ogni volta. Mentre il ponte scoperto rimane deserto, inondato dalla pioggia, e due ragazzi rimangono seduti, riparati da un ombrello e dal loro abbraccio con i calici colmi di vino.
E' a Melk, in realtà, il punto di sbarco. Là dove un'imponente abbazia custodisce baroccherie, giardini secolari ed una libreria immensa. Proprio qui, da dove arrivava quel monaco de Il nome della Rosa. Perchè alla fine è tutto fuso nella leggenda, nella storia, piccola e grande che ogni tanto anche inventa. E lascia anch'essa qualche traccia davanti a queste acque calme che scorrono, e se li portano via. Un po' come i pensieri, i passaggi invisibili, le parole non dette.
Essere come il fiume che scorre silenzioso nella notte, senza temere le tenebre. Se ci sono stelle nel cielo, rifletterle. E se i cieli si riempiono di nubi, così come il fiume, le nubi sono d'acqua; riflettere anch'esse, senza timore, nelle tranquille profondità.
(P.Coelho)
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