Non so cosa portarmi dietro di questi giorni nella capitale tedesca, tra lavoro, camminate serali a recuperare frammenti di viaggi passati, ed un fine settimana "berlinese", passato a ritmo molto ridotto in compagnia di amici. Ho riguardato a questa grande città del Nord Europa, che non mi ha mai appassionato particolarmente, ricalcolando con occhi diversi quanto avevo osservato in precedenza. Di certo, rimane quella percezione di una città dinamica in continuo cambiamento, "in costruzione", come avevo annotato allora, destreggiandomi tra ombre di cantieri, deviazioni ed edifici circondati da impalcature. Ho ascoltato, probabilmente molto più di prima, ed ho udito un'ampia variazione di lingue, e soprattutto molto inglese, anche quando non si trattava chiaramente di turisti. Ho preferito fuggire, verso destinazioni nei dintorni, quando il tempo concedeva respiri sufficientemente ampi, lasciando alla sera, ed a qualche breve camminata notturna, quei luoghi implicitamente legati al nome della città. Il muro, innanzitutto, seguendo la linea di demaracazione di una Berlino Est che ormai non esiste più ma che si é evoluta in tante anime differenti che oscillano dall'evoluzione più anonima ad edifici occupati, luoghi di tendenza, mescolanze di cultura e tanto "in accadere". E l'ansa del fiume, delimtata da isole di musei da una parte ed una piazza vuota e piena allo stesso tempo dall'altra, fino a scendere con la metropolitana nei pressi del Parlamento, la Porta di Brandeburgo ed ancora una lina scomparsa che da lì scende verso piazza Postdam. Tutto nelle luci della sera ed un'atmosfera un po' ovattata rispetto alle ore diurne.
Ma soprattutto, ho riletto quell'anima "underground" che caratterizza questa città, l'ho percepita come sulla pelle, pur senza conoscerne granché, cogliendo indizi per strada, un po' tra i volti incrociati, i luoghi e le parole quasi intercettate, e quanto di poco ho potuto solo intuire ascoltando conversazioni di amici e degli amici di amici. Insostenibile leggerezza dell'essere. Vacillando, infine, e sentendomi in qualche modo fuori dal mondo, senza davvero poter più distinguere un mondo dall'altro.
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