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Nella terra di Minosse


 


2-4 maggio 2008


Arrivo stanchissimo in piena notte all’aeroporto di Iraklio… deserto… uno sciopero mi ha bloccato ad Atene per mezza giornata… nella calma della notte che mi è stata rubata, sono comunque caos e disorientamento le prime sensazioni che mi prendono il pensiero… Attendo l’alba ed il primo bus che mi porti in città, e da lì verso ovest, verso le città di Rethymno prima, e di Hania poi, che parlano di un passato all’ombra del Leone di San Marco e di una strenua resistenza contro la conquista turca… Sotto il sole già caldo del mattino, percorro i sentieri che portano alla fortezza veneziana: silenzio irreale, la città ancora deve svegliarsi, e già attraverso i bastioni diroccati circondato dall’erba alta, attraverso la quale sono disegnati percorsi di guardia; al centro, la forma squadrata di una piccola moschea testimonia il passaggio di consegna dell’isola ad un altro impero, nella punta fortificata verso il mare, a strapiombo sulla strada costiera e gli scogli, sventola la bandiera greca… il blu intenso del mare e l’azzurro accecante di un cielo privo di nuvole disegnano una linea regolare ed indefinita all’orizzonte… lo riguardo attraverso l’apertura di una torre di guardia, il mare… e anche se il rumore delle onde mi giunge nitido e regolare, tutto ora sembra un po’ più lontano…

Scendo, mi tuffo nella città… i negozi sono aperti, chiunque mi invita ad entrare… i sapori della cucina greca iniziano a propagarsi per la strada, tra vicoli stretti ed irregolari, delimitati da mura candide, fiori rigogliosi e profumati e segni di vita quotidiana, così come lungo le strade più affollate e pulsanti di vita… Attraverso la spiaggia, percorro il molo… qui in questo lembo di terra proteso nel mare, il vento si fa sentire prepotentemente, sulla superficie del mare aperto, sul mio viso, e mi fa dimenticare del caldo…


…L’autobus percorre strette vie sul costone della montagna, si incastra tra casupole irregolari e sale borbottando… pochi chilometri ed il paesaggio cambia completamente: il mare alle spalle, lontano, un altopiano davanti ai miei passi… e un monastero cinto da mura proteggono le gole ardite ed i silenziosi campi di ulivi attorno… anche gli antichi abitanti vi cercarono protezione… vi trovarono la morte, facendosi saltare in aria per non cadere in mano turca… orgoglio della gente di quest’isola, crocevia delle rotte per tre differenti continenti, di chissà quante differenti culture… sono ad Arkadi: passo dall’ombra alla luce accecante senza preavviso, tra arcate e vasi colmi di rose giganti… bianche, rosse, gialle, sfumate, colmano il chiostro interno… Una vecchia, vestita di nero, curva su se stessa, fa la spola tra la chiesa ed un corridoio interno… sembra un’immagine di altri tempi… è il tempo che sembra essersi fermato… la osservo mentre spezza le candele poste dai fedeli sui tripodi di sabbia – lo vedrò fare ovunque e non lo capisco… che sia per recuperare la cera? – e mi accorgo che ha un braccio mutilato… un brivido di pena… ma lei non mi vede, ha lo sguardo fisso verso il terreno, lo volge solo per osservare le icone poste tutto intorno… Esco di nuovo al sole, contro cui si staglia il profilo delle campane, quasi fossero sospese a fili di luce… un albero secco campeggia al centro del cortile; un chiodo vi è infisso: non ne conosco il significato, né la provenienza, ma niente qui è a caso… Mi allontano e ridiscendo verso il mare…


Tramonta, ed è tempo di ripartire… verso ovest, direzione Hania, la veneziana Canea… la città è grande, arrivarci di sera mi mette a disagio; il viavai di persone è impressionante, io mi aspettavo una borgata, ritrovo una città…

Nuovo giorno, nuovi colori e nuove impressioni… le lettere dell’alfabeto non fanno più paura, mi sposto tra caffè greci, torte salate, carne al gyros e gelati… e tra negozi… avvicinarsi è come condannarsi, ti saltano addosso, si discute, si contratta e ci si saluta… è qualcosa che va un po’ oltre il solo desiderio di vendere, questa è la mia impressione, anche se non è l’ospitalità dei personaggi egiziani… loro, li ricordo, erano un’altra cosa, più genuini… mi piacciono gli scacchi, mi fanno impazzire, con le loro mille varianti… mi piacciono i ricami per la tavola di casa a Verona, un pensiero per la mia sorellina… e poi c’è il raki, che mi stordisce tanto è forte, ed il miele dorato… ma ancora non è tempo per comprarli… Attraverso il porto, percorro un altro molo disteso nel mare… lungo, lunghissimo, avvolge la città e termina con un faro… in punta il rumore delle onde copre la vita della città, spazzata lontano dal vento… sull’acqua, mentre il cielo inizia a rosseggiare, orfano di un sole che si tuffa in mare, cinte da mura e bastioni, si riflettono le barche ormeggiate, le eleganti case veneziane con quel che ne rimane, perché la Seconda Guerra Mondiale è passata anche di qua ed ha lasciato il segno, la casa dei Giannizzeri e le luci dei locali con il loro brulicare di gente…




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