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Uno, nessuno, centomila - volti dal Marocco


 


Beh, é un po' strano in realtà. Ho scritto e riscritto nella mente i miei post per tutti questi giorni, ma adesso, stasera, non so da dovve cominciare... Sono tornato, certo, atterrato ieri sera con la luce ed il valore indicato dal termometro dimezzati. Sono tornato, stanco, e molto, dopo venticinque giorni di viaggio. Un periodo lungo, come lunghe sono state le distanze percorse. Mi sono trovato spesso a riflettere sul significato, per me si intende, di queste distanze, di questo girovagare. E non nascondo che ogni tanto mi sia balenata l'idea, almeno come riserva, di puntare la macchina verso nord, verso Tangeri ed un traghetto che mi riportasse in Europa. Perché più di quanto mi aspettassi, a volte ho pensato di aver portato me stesso al limite di quanto fossi capace, di aver chiesto troppo a me stesso. Ed allora guardo a questo Paese, il Marocco, che bene o male ho girato, in lungo e in largo. E dopo tanti giorni, almeno relativamente, ancora trovo estremamente difficile, se non impossibile, raccontare ed avere un'idea uniforme di tutto quanto sia riuscito a vedere. Perché allo stesso tempo ho calcato il suolo di una terra che si affaccia sul Mediterraneo ma che é Africa, portale d'accesso di un altro continente, di un altro mondo. Ecco, così le distanze possono ampliarsi, diventare enormi. Perché alla fine, non é stato semplice ed in alcuni casi su di me ho sentito una pressione enorme. Ho desiderato ci fosse un compagno di viaggio. E di avventura. Occhi sufficienti per racchiudere la vastità di paesaggi sconfinati che non rientravano mai nell'obbiettivo della macchina fotografica. Uno spirito con cui condividere questa pressione, allentarla e così magari penetrare di più tutto questo mondo, per quel "Understanding Morocco" attraverso la sua gente. Qui più che altrove, una sequenza indissolubile. Per quelle volte che ho rifiutato un invito, non mi sono fermato, ho lasciato semplicemente perdere, ecco, ogni tanto temevo che una parte del viaggio stesse fallendo, non fossi capace di quell' "understanding" fino a quanto avrei potuto, mi mancasse qualcosa.


"C’è stato come un lampo lì proprio in mezzo al cielo che era blu cobalto..."


Non si può descrivere questo luogo senza parlare della sua gente. Che é ovunque, lungo la strada, che nella strada la vita scorra, a volte tremendamente lenta, immobile come in apparenza le pietre del deserto, snervante come il passo cadenzato degli asini da carico. Ed ancora, non sono capace di raccontare ed avere un'idea definita. Ci sono stati momenti in cui mi sono trovato in situazioni spiacevoli, o che io ho avvertito come tali. In cui la tensione inconsciamente saliva e saliva e la pressione era fortissima. Anche se tutto é andato sempre bene. Ma devo essere onesto con me stesso e con il mio cammino. Come diceva una persona che conosciuto uno dei primi giorni, se di tutto questo raccolgo una percentuale, questa non può essere che positiva. Sono stati i primi giorni, soprattutto, a condizionarmi, con le esperienze più spinose. Ma é stato sempre uno dei primi giorni che ho conosciuto una persona il cui sorriso buono e gentile mi ha seguito ed accompagnato per tutto il resto di questi giorni. E forse oltre, lo spero. Di questo sorriso che mi é rimasto tanto impresso posso solo ringraziare, e decidere di custodirlo come una di quelle tante foto non scattate, di quegli sguardi nascosti catturati con lo sguardo. So che a volte é stata la miseria stessa e guardarmi negli occhi, a volte a sputarmi la sua rabbia. Io non posso giudicare, non ne ho il diritto e non devo. E lungo la strada ho raccolto inviti e sorrisi, più o meno genuini e disinteressati, ma sempre interessanti, da conoscere e sfiorare appena, prima di ripartire con qualcosa in più. Almeno lo spero. Ho parlato e discusso, arrampicandomi su un francese mai imparato ed uno spagnolo mai praticato. Anche questo é stato qualcosa da annotare, tra inglese, italiano, qualche gesto e molte strette di mano. Perché l'altro lato della medaglia é che la gente ti saluta, si ricorda di te, da dove vieni, cosa fai. E sulla strada, attraversando relativamente veloce, ogni persona alza un braccio e con gesto ieratico lo tiene sospeso nell'aria in segno di saluto.


"...poi la voce di una vecchia che salutava tutti quanti dicendo ciao..."


E le macchine che appaiono all'orizzonte, incrociando strade deserte, sfanalano, con la stessa intenzione. Ho osservato affascinato questa cosa del saluto. Fatto di una stretta di mano e la mano portata poi al petto per gli uomini, ed il bacio sulla fronte per le donne. Un rituale ancestrale che si ripete all'infinito.



Ecco che allora scriverò, giorno per giorno, della mia "odissea marocchina". E lo farò riproponendomi di parlare anche di quelle persone, o alcune almeno, che in qualche modo ho incontrato per strada, per far rivivere il ricordo di questa gente. Fin dove almeno la memoria me ne farà riemergere i nomi, spesso simili e ripetitivi. Perché non sarebbe giusto e non sarebbe racconto, diario, fotografia, non farlo. Così come é il senso di questo "Prologo" e delle immagini che ho iniziato a raccogliere. Io, da parte mia, avevo con me il racconto di un volo di guerra ed una manciata di libri che in qualche modo sono entrati nella mia vita e con la mia vita sono intessuti, assieme a qualche canzone che toranava e ritornava. Impressioni, da annotare come bozzetti e custodire da qualche parte nel cuore. Le osservo, le mie foto, ed a momenti quasi mi sembra incredibile che in tutti questi posti dietro all'obbiettivo ci fossi io, solo ora rivivo e riguardo tutto quanto con occhi differenti, con una prospettiva già mutata.


"...come ad esempio una canzone mentre la stai cantando di là qualcuno muore qualcun altro sta nascendo è il gioco della vita la dobbiamo preparare che non ci sfugga dalle dita come la sabbia in riva al mare..."



Qualche numero annotato a margine di queste pagine... 4000, e più, i chilometri che ho percorso in macchina in 18 giorni, attraverso strade spettacolari, a tratti costellate di buche da far rabbrividire, che tagliavano paesaggi mozzafiato o si attorcigliavano su pendenze che il fiato toglievano per altri motivi, da nord a sud, da est ad ovest; 50, almeno, i posti di blocco lungo la strada, sempre più frequenti e rigidi puntando verso sud; 5 sono le volte in cui sono stato fermato, la prima per una conversazione che ruotava attorno a calcio italiano, Milan e Juventus, le altre invece ben più serie sulla mia professione, la mia destinazione e la mia macchina fotografica; 1, la volta che sono stato invece fermato dalla polizia per contestarmi un'infrazione non commessa che a medava molto l'idea di richiesta celata di "petit cadeau", e che dopo mezz'ora di discussione in francese si é fortunatamente risolta in un nulla di fatto - così come 1 é la volta che il mio incubo più ricorrente legato alla macchina si é realizzato: una ruota forata, per ironia della sorte (e forse non solo per la sorte...), da un chiodo, dopo tante buche e strade disastrate, prima di ripartire per scendere lungo il deserto; un centinaio, ma sono sicuro di più, sono i the alla menta che mi sono stati offerti, che ho bevuto assaporandone la freschezza nell'aria rovente o nella quiete della sera; 40, i giorni che dura un pozzo nel deserto per alimentare un'abitazione/albergo; una ventina, le volte che dopo contrattazioni estenuanti, un bicchiere di the alla menta ed una stretta di mano, mi sono sentito dare del berbero per la contrattazione conclusa; 4, il numero della stanza che quasi sempre mi veniva assegnata in albergo - e non é una coincidenza in realtà, perché senza turisti in giro era spesso la prima stanza disponibile; 2200 metri, il passo più alto attraversato; 47 gradi, la temperatura massima che ho visto scritta sul display che neanche era mezzogiorno; 300 metri, l'altezza che sembrava non finire mai della duna di sabbia più alta sulla quale, sprofondando ad ogni passo mi sono arrampicato; 6 dirham, il prezzo di una bottiglia d'acqua (tra 9 e 12 quella di un succo di frutta); 20 dirham, il prezzo minimo di una pizza margherita, arrivata sul tavolo coperta di cipolle; infinite, le stelle che con occhi scintillanti ho ammirato nel cielo.




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