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Immagine del redattoreoytis

Sospeso sul Mar Morto ed il deserto di Giuda


 


1-3 Giugno 2014


La strada si apre come una lama dentro il deserto. Tra ali di mura di protezione, scende nel deserto di Giuda, un agglomerato che sembra infinito di colline arse dal sole, drenate d'acqua e piatte sulla cima.  Scendo, come dentro un canyon, seguendo una linea di cemento tracciata in una tela dalle infinite tonalità di giallo, rosso ed arancione. Accecante, come il caldo che ti stringe attorno. Fino al mare, che mare in realtà non è. Forse sarà un miraggio, forse reale, sicuramente uno scherzo della natura, tanto che gli antichi lo avevano battezzato mare di Satana. Ecco, affacciato su questa acque di un blu che appare ancora più intenso, si aprono delle grotte. Un altro scherzo della natura, forse è così. Qualcosa che ha permesso di risalire all'alba dei tempi, della nostra storia e della nostra cultura, affidata a rotoli nascosti alla furia distruttrice dei Romani, a quella lenta ed inarrestabile dei secoli. Osservo i grani di sabia scivolare a pelo sul terreno, coprono un'orma che vi é appena passata. Sono a Qumran.



Meno quattrocentoventi. Metri. Scendo, anche gli ultimi gradini, fino alla riva. Nel cuor della terra. O almeno, fino al punto più basso del pianeta. Con le mani che affondano nel fango, caldo a contatto con la pelle, sotto il sole cocente. Ed una sensazione incredibile, che a raccontarla uno non ci crede comunque. Resto immerso, per così dire, in queste acque calde ed immobili, i miei movimenti che si fanno lenti, ogni impercettibile ferita esplode sulla pelle e quando stringo le mani ho come la sensazione di smuovere una sostanza oleosa tra i polpastrelli. E' forse questa sensazione, più di tutte, a farmi realizzare che non ci si vita, in queste acque, anche se sento il corpo rilassarsi, lasciar cadere la tensione. Quella dei muscoli e quella accumulata nell'animo, almeno un po'. Che dietro una strada controllata, dietro un kibbutz affacciato sul Mar Morto e dietro l'altopiano frammetato del deserto che si precipita sul Mare, questa terra é, paradossalmente, ancora Palestina. Affondo la mano sul fondale, convinto di estrarre sabbia, col pugno richiuso, fuori dall'acqua. Rilasso le dita, e non trovo altro che sale.



Risalgo il wadi, sin dalla mattina. Su un terreno che sale e ridiscende, ogni tanto. Arriva il rumore dell'acqua che sgorga e precipita dalla roccia. L'acqua é vita, é il verde parsimonioso che la circonda, in un luogo che crederesti infernale. Ed invece, nascosta entro canyon che uniscono il deserto al Mar Morto, sgorga la linfa che la nutre. Quella stessa che attraversa le mani immerse nell'acqua fredda dei torrenti. Una sensazione ancora più strana, osservando quel Mare, là dietro, e pensando che qui si incontrano, quasi si scontrano, due elementi estremi. Fuoco. Sulla pietra nuda, e la sommità dell'altopiano che rimane là, sovrastante, dall'alto. E dall'alto io stesso, osservo, precipizi e costoni che spariscono dietro il ciglio friabile di massi e terra arsa. Vertigine. Su una vista che spazia a centottanta gradi, con le montagne della Giordania così vicine, ed una serie infinita di pendii ai miei lati. Aspetta un respiro di vento. Aspetta che una nuvola abbozzata nel cielo copra il sole che già sembra così alto, e si proietti sul terreno come su una tela sconfinata. Vertigine. Non c'é una descrizione unica del deserto. Credo sia una parola che racchiuda non solo uno spazio immenso tanto da essere indefinito, ma infiniti spazi diversi. Ho camminato arrampicandomi tutta la giornata, rimanendo sul ciglio di qualcosa che non ho realmente visto, irraggiungibile fisicamente e razionalmente. Credo che la bellezza sia anche questo. Come il deserto può essere anche una spiaggia che in realtà é una stradina ripida e sterrata verso l'acqua satura di sali, tanto da vederne i cristalli agglomerati galleggiare in superficie. La spiaggia é un parco, sopra, alberi di palma che lentamente diventano ombre rischiarate dalla luce argentea di una falce di luna e da qualche fuoco acceso qua e là, mentre infine sale un alito di vento quasi a cercare di portare via la stanchezza sfiorando leggermente le immagini ed i pensieri accumulati in una giornata, come a cullarli.



Quattro e mezza, notte buia. Ed il silenzio che solo il deserto può dare. Placide acque, immobili, poche centinaia di metri in linea d'aria, di un mare che sembra non esistere, tanto è immobile, nella notte come di giorno. E' rossa, nella notte, la roccia. In questo silenzio che sa di viaggio nel passato, e nella morte. Trasuda sangue, questo sembra, illuminata così. Ed ogni passo sembra risuonare del clangore delle armi, delle pietre scaraventate dall'alto, delle urla durante la marcia. Che anch'io sono in marcia, sul sentiero del Serpente. Si avvolge sul costone che dà verso il Mar Morto. Il sentiero del Serpente, più di tutto, sarà il mio deserto. Io, come in una processione che mi toglie il fiato e spezza ogni resistenza. Salita, nella notte che lentamente inizia a scemare. Grondando sudore, dietro ogni gradino che sembra un po' più pesante, su quella roccia illuminata di un rosso vivo e sinistro. Che sinistra è l'eco che attraverso venti secoli giunge da Masada. L'ultima resistenza, l'ultimo orgoglio, l'ultimo gesto estremo. Quando il formidabile esercito romano riuscì infine ad espugnare Masada, non trovò altro che tozzi ardenti e cadaveri. Una storia tetra e commovente di eroismo estremo. Per quanto poco, sono stato in queste terre abbastanza per comprendere che "Masada non dovrà cadere mai più" va ben oltre un motto un po' holliwoodiano da stampare sulle magliette, ma rappresenta l'essenza stessa di questo stato, le uniformi che lo difendono ad ogni angolo, e la fede incrollabile nel ritorno alla Terra Promessa. Ed è un pensiero che fa rabbrividire, lungo questa salita che toglie il fiato pur essendo di prima mattina, agli occhi di questa pietra tinta di rosso. Respiro, come fosse l'ultimo. Quello che esalavano le anime di coloro che si fecero trovare qui. Ora, invece, un giorno nuovo, e l'alba che appare lontano, ancora solo intravista, dietro le montagne della Giordania. Ecco, oggi, la bellezza del deserto, tutto intorno, come può essere all'alba, ogni giorno, ma per me oggi speciale perchè sono qui, salito fin quassù, e domani sarò già altrove, passato attraverso quella storia di cui questo luogo è intriso. Surreale e magico. Allora, attendo. Come una sentinella dal ciglio di un muro, osservando quel sentiero che ho appena lasciato dietro di me. Che i riflessi sul Mar morto diventino infuocati, e la luce accecante davanti una palla incandescente che inghiotte anche le montagne. Attendo che un alito di brezza salga, chissà da dove, come un sospiro esalato dgli uomini, portando lo stridio delle lame che impattano una contro l'altra. Anche gli uccelli atterrano dal loro volo, si fermano, immobili, sul ciglio delle mura. Come una sentinella.




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