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Immagine del redattoreoytis

38mo parallelo


 


La Storia, in questo luogo, é qualcosa che ha ancora pagine bianche. E sicuramente, quelle appena riempite graffiano ancora. A partire dall'inizio del secolo scorso, dalla caduta dell'Impero all'invasione giapponese, fino alla Seconda Guerra Mondiale e gli strascich della Guerra Fredda, così come si protraggono fino ad oggi. Non lontano dalle mura di Seoul sorge quella che era una prigione dei resistenti all'invasione nipponica: il silenzio di quello che era un carcere moderno, ormai abbandonato ed ora percorso da orde di ragazzini in gita scolastica, raccontano che la Resistenza, così come la repressione, non sono poi così diverse, in ogni parte del mondo. Gli sguardi, fissi, delle fotografie in bianco e nero, mi fissano raccontandomi una storia in una lingua indecifrabile, eppure sono lì, a testimoniare l'inizio di un secolo sciagurato, di un mondo senza fine che soltanto negli ultimi anni, tra boom economici e rivoluzioni tecnologiche, ha lasciato spazio a qualcosa di nuovo, almeno da una parte di quel maledetto parallelo che come una sciabola ancora divide in due la penisola.



Ed allora, ci sono andato, al 38mo parallelo, una terra di nessuno ad una manciata di chilometri da Seoul, seguendo una strada che velocemente iniziava ad attrezzarsi, ai lati di cinte di filo spinato e torrette di vedetta. E' ironico pensare come un luogo del genere, ad oggi, sia diventato una fonte di guadagno attraverso il turismo. Oggi, che la tensione sembra stemperata, almeno per il momento, perché comunque si ha l'impressione che basti poi poco a far salire la tensione. Oltre quella zona di nessuno, si tratti di un binario su un ponte che sparisce nel nulla, o di qualche luccichio fittizio di un'ombra disperata di vedetta, in lontananza, rimane il mistero, propaganda e contro-propaganda, probabilmente sofferenza, ed un muro inesistente senza troppo senso, alla fine. E' qui che mi rammarico di non aver avuto il tempo di allontanarmi dalla capitale, ed esplorare il Sud, almeno, e scoprire un riflesso della Korea che era, o che ancora non é, e viaggiare, a ritroso oltre questa linea invisibile che, a nord, segna un confine nel tempo, oltre che nello spazio.



E' questa, dunque, l'ultima fermata. Mi viene in mente l'immagine di copertina del romanzo di Sepulveda, La frontiera scomparsa. questi binari spariscono nel nulla, partendo da una stazione deserta con un'indicazione precisa: Pyongyang, 204 km. Oltre una foresta di mulinelli a vento colorati dai bambini, che cigolano nel loro ruotare. Oltre l'ombra di una sentinella, in fondo ad una banchina che rimane inutilizzata. Questo luogo fantasma é a metà strada tra sogno e retorica, troppo irreale e silenzioso per essere vero, troppo assordante per non essere ascoltato. Forse la frontiera scomparsa, una delle tante, si trova qui, da qualche parte, nascosta dai rottami di un treno, dallo sguardo duro di una giovane recluta in lontananza, da un cespuglio di erba selvaggia che inghiotte i binari.



Sono tornato, altrove, dove le frotte di turisti non c'erano. Sono sceso in un altro di quei tunnel scavati da nord con dinamite, piccozza ed un prezzo sconosciuto di vite umane. Ma questa volta, senza necessariamente essere in fila indiana tra frotte di altri visitatori. Così come nella prima occasione, il luogo più vicino alla Corea del nord l'ho sfiorato sotto terra, in questi cunicoli sinistri e saturi di umidità. Un muro a sbarrare il confine, anche a cento metri di profondità, marcava quel limite invalicabile. Ed una piantina, chissà come, si aggrappava a quel blocco di cemento armato, illuminata dalla luce di un faro. Lungo questa linea di confine, o nelle sue immediate vicinanze, si accalcano memoriali di battaglie senza fine e ruderi di luoghi sinistri. Il silenzio, la serenità in un giorno di primavera, la pace, in certi casi, stride in maniera eclatante con la Storia. Stride col paesaggio, quando la natura decide di prevalere con la sua bellezza, dove un fiume ha eroso la terra fino a graffiarla in un solco profondo, e le rocce circostanti raccontano di una storia d'amore tra divinità e grandi re del passato. Tutto scorre. E questo nostro accanimento sulla Storia perde anche quell'ultimo barlume di significato.



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