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Immagine del redattoreoytis

L'oro di Palermo


 

Una lunga giornata camminando, attraverso la Riserva Naturale dello Zingaro. Andata e ritorno. Là dove la terra verso il mare sembra arsa dal sole, una distesa arida di pietra e sterpaglia bassa, e altrove dove é stato il fuoco a lasciare dietro di sé un'ombra spettrale di cenere e tronchi neri come cerini mozzati, un lungo saliscendi che tuttavia mantiene un tocco selvaggio ed incontaminato. Forse per la prima volta in questo viaggio, sento la terra sotto i piedi, la strada che altro non é se non questo sentiero perché una strada vera e propria non c'é termina all'ingresso stesso della Riserva, in un tunnel interrotto per la salvaguardia dell'ambiente e della sua bellezza. Il sentiero costeggia il mare nella speranza che le nuvole all'orizzonte si mantengano a distanza ed il colore del mare continui a riflettere i suoi torchesi ed i suoi azzurri più intensi. Intenso é il calore, che gronda sudore, perché l'andata l'ho intesa come un'unica marcia continua, da bere tutta d'un fiato, per essere sicuro di averlo percorso tutto questo tratto di costa, coi miei passi e con i miei occhi. E con la mia pelle, al ritorno, facendo tappa di spiaggia in spiaggia, di mare in mare, perché l'acqua assorbisse il sudore ed il sale diluisse le lacrime.



"... Quasi dal tempo in cui Polifemo passeggiava intorno all’Etna, o in cui Cerere insegnava ai siculi la coltivazione del grano, fino ai giorni nostri, la Sicilia è stata il teatro di invasioni e guerre continue, e di intrepida resistenza. I siciliani sono un miscuglio di quasi tutte le razze del sud e del nord; prima dei sicani aborigeni con fenici, cartaginesi, greci, e schiavi di ogni parte del mondo, importati nell’isola per via di traffici o di guerre; e poi di arabi, normanni, e italiani. I siciliani, durante tutte queste trasformazioni e modificazioni, hanno lottato, e continuano a lottare, per la loro libertà."

(Friedrich Engels)



La brezza serale sale fresca dal parapetto. Ha il sapore del mare ed il sapore della pioggia. Il selciato bagnato, per le vie di Monreale, lo racconta. Arrivando, é stata una sensazione nuova che finora avevo saputo evitare, le strade congestionate ed il traffico incontrollato, che naturalmente mi getta in uno stato d'ansia ed oppressione. Il golfo di Palermo é una distesa di edifici che si spinge fino al mare, ma il caos della grande città arriva fino a qui, lambendo le pendici del monte. Anche se, affacciandomi dal parapetto, rimane un'eco attutita dai colori dolci del tramonto e dalla linea offuscata del mare che sullo sfondo sembra quasi voglia rassicirarmi che tutto, alla fine, andrà bene. Nella notte che rapidamente diventa più intensa é una vista affascinante e malinconica che si deposita al termine della giornata.





E' una cascata d'oro che scende dalle volte, inonda di luce e colore le pareti, le colonne, le tarsie di marmo ed i bassorilievi. Nel fumo degli incensi, nei canti sacri che, con la sola spinta della voce umana, permeano gli spazi vuoti ed impregnano le pareti. Scintilla, l'oro, ora cielo sacro, ora spazio regale. Ospita volti di santi, scene di caccia, racconti della Bibbia e paesaggi paradisiaci, tutti immobili e sospesi in questo colore ricco e prezioso quanto irreale, in un'alternanza di sacralità e potere, uniti una sala dopo l'altra, senza marcare il passaggio, ad osservarmi con quello sguardo fisso ed inespressivo che rimane senza tempo, e quello sfondo ipnotizzante che é un'ossessione probabilmente tutta umana.




E' bastato saltare un incrocio, e svoltare, perché il mondo attorno a me cambiasse rapidamente, e quello stato di abbandono e degrado altrove accennato si manifestasse rapidamente in tutta la sua veemenza, come un pugno assestato con precisione. Semplicemente, dove non avrei voluto trovarmi. Immagini in bianco e nero che forse nemmeno graffiano, in superficie, la realtà che si cela dietro le palazzine dai muri scrostati, gli angoli dei marciapiedi travolti dai rifiuti, un'area giochi delimitata da un reticolo di ferro, la storia non detta e quella conosciuta dalla televisione, i ricordi di un notiziario, chissà cos'altro. E non esiste una realtà unica, non esiste una soluzione semplice, un colpo di spugna che possa rimuovere i colori più scuri.



E' tempo di matrimoni. Qui dove il profumo dei fiori d'arancio assume una connotazione diversa e più intensa. Le chiese traboccano di fiori bianchi, giacche tirate sotto il sole cocente, ingorghi di automobili parcheggiate davanti al piazzale, ed un portone semisocchiuso che lascia passare una ventata d'aria e svela i tesori alle pareti e lungo le navate ora affollate per la funzione religiosa. Una bambina con la mano destra chiusa su un pugno di riso cammina al termine della navata centrale. Si volta verso quel portone, lo sguardo un po' perso e gli occhi spalancati, la mano sempre stretta a pugno in attesa che qualcosa accada.



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