Sono a corto di parole nel cercare di descrivere la bellezza e la sensazione del paesaggio che ho accarezzato in questi giorni. In una toccata e fuga, sono sceso giù, in un cuore di Francia, dove le colline si dipanavano, una dopo l'altra, come onde leggere che si aprivano al passo. Ho sentito la dolcezza, di questo paesaggio, la sua luce, la sua aria, muovendomi lento, paese dopo paese, lungo una strada tortuosa.
La dolcezza dell'uva, ancora acerba tra i filari di vite, un'unico, infinito tappeto verde, striato a tracciare ricami geometrici sul terreno ondulato, intervllato da cippi che richiamano etichette celebri, raccolta con cura maniacale, pestata, imbottigliata, nascosta nelle cave scavate nel terreno, e protetta da un forte senso della tradizione e dal prestigio di un nome. Un nome cui ogni cosa, tra queste colline, é intimamente connesso, come i tralci di una vite aggrappati ai propri sostegni, edifici, case, oggetti e mezzi. Ho pensato che questo tempo fosse non abbastanza, tanto che avrei voluto fermarlo, fermare me, tra le viuzze deserte della domenica, un senso diverso della vita ed un sapore diverso dell'aria.
"...E perché meno ammiri la parola, guarda il calor del sole che si fa vino, giunto a l’omor che de la vite cola..."
E' sempre sorprendente osservare quanti segni della storia si raccolgano muovendosi tra le regioni francesi. Non potrebbe essere diverso tra le mura di quella cattedrale che ha visto l'incoronazione di quasi tutti i re di Francia, é rimasta semidistrutta nell'ultima guerra, prima di risorgere nelle sue sembianze originali. Non potrebbe essere diversamente, a pochi chilometri dalla linea di trincea della Grande Guerra e sul terreno dell'avanzata alleata in quella più recente. Capita così che tra questi villaggi ed i continui declivi non manchino monumenti commemorativi, se non veri e propri cimiteri militari, le pietre candide allineate, il silenzio attorno. Di arcata in arcata, lungo il perimetro della cattedrale, scorrono i secoli, in una narrazione continua, e solo leggendo si ha per un attimo la sensazone di questo lungo percorso, come se ogni mattone, ogni pietra, fosse parte di uno di questi eventi e fosse stato lasciato lì, aggiunto come testimone, dai re carolingi fino alle guerre mondiali, passando da Giovanna d'Arco ed il Re Sole. Sole, certo, tra l'azzurro riflesso di Chagall ed i colori da miniatura delle vetrate più antiche. Si tinge di colore, anche nella notte d'estate, una facciata coperta che prende vita e, come un colpo di pennello, sembra imprimersi su una tela impressionista.
Ho sfiorato l'erba, ho allungato la mano verso i tralci. Nella sofferenza della vite, nella necessità di un sostegno che l'uomo le provvede quasi come ricompensa in cambio dei suoi frutti, nel suo arrampicarsi attraversi nodi tracciati nel legno, trova espressione l'amore per la terra. Immagine. Forza, adattamento, trasformazione. Labirinti striati a perdita d'occhio e silenzio interrotto, da un alito di vento, un rumore dalla strada lontano, il suono di un insetto. Queste onde lasciano lo stesso effetto del mare.
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