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Sangue e Arena


 


"Come sempre nei giorni di corrida, Juan Gallardo pranzò presto. Un pezzo di carne arrosto fu il suo unico piatto. Vino, nemmeno un assaggio: la bottiglia rimase intatta davanti a lui. Doveva restare sereno. Bevve due tazze di caffè nero e denso e si accese un enorme sigaro, rimanendo con i gomiti appoggiati sulla tavola e la mandibola sulle mani, guardando con occhi assonnati i clienti che via via entravano e si sedevano nella sala del ristorante. Erano alcuni anni, da quando gli avevano dato "l'alternativa" nella Plaza de Toros di Madrid, che scendeva nello stesso albergo della Calle de Alcalà, dove i padroni lo trattavano come uno di casa e camerieri, portieri, sguatteri e vecchie cameriere lo adoravano come una gloria dell'esercizio."

(V.B.Ibanez - Sangue e arena)



Sangue e Arena. Lo so che eticamente forse non dovrei essere qui, ma ho voluto vedere, sapere cosa fosse. Un aspetto tanto profondo e radicato della cultura spagnola, del mondo latino. A Madrid si trova l'arena più grande d'Europa ed  una delle maggiori al mondo. Ciononostante, sinceramente, non sembra tanto imponente, né quando la visito, vuota, un pomeriggio, né la domenica, verso sera, quando inizia a riempirsi. C'é un po' di tutto sugli spalti riempiti a metà, di una domenica qualunque. A cominciare dagli affezionati più stretti, qualche anziano coi nipotini o con gli amici, che urla, si sbraccia e sventola in aria i biglietti, e si intuisce subito che ripetono questo rituale da anni. Oppure qualche compagnia di giovani, che arriva occasionalmente per un'uscita nel fine settimana. Od un gruppo di gente comune, per lo stesso motivo. Come uno stadio, insomma. E come tale, i partecipanti entrano supportati dalla musica di una banda vera, mentre l'avversario, il toro, é annunciato su un tabellone portato al centro dell'arena. Poi in un attimo di silenzio, si spalanca un cancello e l'animale entra, davvero. Ed allora inizia la danza con la morte, la danza delle banderuole sventolate, delle lance, delle picche e di una spada ricurva. Ecco come scorre, questo rituale, nell'arco di non troppi minuti. La sorte del toro é segnata, nel momento stesso in cui é calato il silenzio, un istante, e pieno di forza é entrato in questo cerchio di morte. Il torero ed i suoi assistenti che ne saggiano la reattività, i picadores in sella ai cavalli bendati e protetti da una spessa imbottitura, ed infine il torero, nuovamente, sono una sequenza prestabilita. Ed intanto la sabbia inizia a tingersi di rosso, poche gocce di sangue, inizialmente, che colano dall'arco della schiena. Ed ad un certo punto, il torero mostra la spada dalla punta ricurva. Con teatralità, fissa il toro che a pochi metri, dirimpetto, lo fissa a sua volta, forse già stanco di una vita che gli si sta strappando via. Lo punta, letteralmente, e balza in avanti. Quello che accade dopo é forse la sequenza più tremenda: il toro, colpito, viene accerchiato dai toreri, proprio per sfiancarlo, ed in un ultimo sbuffo di rabbia, carica, sempre meno lucidamente. Improvvisamente indietreggia, si immobilizza, quesi realizzasse il tradimento, ed infine si accascia sul terreno, dove uno dei picadores si avvicina con un coltello in mano, pronto a sferrare il colpo definitivo.



E' così che va in scena la morte. E' così che la sabbia si tinge di rosso, si imbeve di sangue, pesante, ed alla fine rimane una scia, lasciata dall'animale portato via e ripulita, immediatamente, prima che si imponga un nuovo istante di silenzio. E' quello starmazzare al terreno che, oltre un rituale che può apparire più o meno crudele, più o meno segnato, colpisce. E' quello l'istante per cui la gente paga, siede e si acclama? Non ne sono sicuro. Così non so descrivere la pena di fronte al toro morente, laggiù, dentro un cerchio che infuocato gli inveisce contro e gli si stringe attorno sempre più stretto, e lo sguardo colmo di forza lascia spazio ad una tristezza infinita, spaesata ed ormai già priva di coscienza. E' quando cede, rinuncia a lottare, con una lama piantata nel corpo.


"La corrida è basata sul fatto che è il primo incontro tra l'animale allo stato selvaggio e l'uomo a piedi. Questa è la premessa fondamentale della corrida moderna; che il toro non sia mai stato prima nell'arena."

(E.Hemingway - Morte nel pomeriggio)



Ho rivisto questa sequenza sei volte, due per ogni torero che calcava l'arena, quella domenica di tardo pomeriggio. E nello stesso momento in cui sedevo, mi sono reso conto che l'adrenalina e la tensione della prima corrida andavano lentamente scemando, per uno spettacolo che si ripeteva, molto simile uno all'altro. Sapevo già cosa stava per succedere. E, in un qualche modo, già me ne ero abituato. Assuefatto, lentamente anestetizzato. A riprova di quanto ci sappiamo adattare in fretta ad un fatto cruento, a qualcosa che, in ogni modo, non dovrebbe lasciarci indifferenti. Credo sia questo il pensiero più sconcertante e più macabro. Onestamente, non sono rimasto particolarmente impressionato dallo spettacolo della corrida. Credo che rimanga un aspetto culturale difficilmente comprensibile a chi non ne sia abituato e non lo viva come qualcosa di personale. So che é una sfida alla natura che affonda nella notte dei tempi, so che l'arte ne ha immortalato momenti così come la letteratura ne ha proiettato il significato sul significato dell'esistenza stessa. Sostenitori ed oppositori portano i propri argomenti sugli spalti di questo palcoscenico, e sarebbe tutto sommato anche ipocrita giudicare, senza pensare, tanto per citare l'esempio più vicino, agli animali che vanno incontro al macello per finire sui supermercati. E' questa una fine più gloriosa? Non lo so, non ha importanza, perché forse é il sedersi assetati di sangue il punto principale. Di sicuro, per quanto venga celebrata come tale, non é una fine equa: lo scontro non é alla pari per l'uomo e l'animale. Nella sequenza, nel modo di colpire, nel supporto, l'uomo ed il toro non si affrontano sullo stesso livello. Tanto che la prorompente carica iniziale del toro la subisce un cavallo, bendato ed imbottito perché mantenga la posizione, spaesato pure lui, in un modo dove il buio é creato ad artificio, mentre il toro viene colpito, per la prima volta realmente, in maniera pesante. Tutto passa dalle mani dell'uomo: i tempi, le armi, le ferite inflitte che costringono il toro a caricare in un certo modo. Non potrebbe essere una lotta equa, del resto, tanto é già pericolosa. Una danza macabra, in un cerchio di morte.



"La corrida non è uno sport nel senso anglosassone della parola, vale a dire non è una gara o un tentativo di gara tra un toro e un uomo. È piuttosto una tragedia; la morte del toro, che è recitata, più o meno bene, dal toro e dall'uomo insieme e in cui c'è pericolo per l'uomo ma morte sicura per l'animale."

(E.Hemingway - Morte nel pomeriggio)



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