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Ritorno a casa


 


C'è un angolo, in Verona, dietro Sant'Anastasia ed il Conservatorio, il parapetto si apre sull'Adige, Ponte Pietra alla sinistra ed il Teatro Romano di fronte, sull'altra riva, che si arrampica alla base delle Torricelle. E' un po' uno di quei luoghi dell'anima, di quelli che poi uno si porta dietro sempre, un po' più speciale, forse, ancora, perchè ha sempre fatto parte della mia vita. E' un luogo sul quale mi fermavo sempre, con la bicicletta, quelle volte che passavo dal conservatorio, o semplicemente mi spingevo da quella parte della città. E' quel luogo che ho sempre desiderato condividere, un po' come quella scatola di legno decorata nella quale si depositano fogli e fogli di lettere invisibili, un po' il mio oceano mare.


La luce è splendida in questi giorni, ed io ho portato la macchina fotografica apposta. La luce è splendida, e, oltrepassato il ponte romano una scalinata sulle pendici delle Torricelle e sale su fino a Re Teodorico. Porte serrate, cancelli un ferro battuto e balconi traboccanti di fiori fanno da ala a gradini allungati e passaggi stratti disegnati da case color pastello. Ed il sole già basso nel primo pomeriggio riscalda, sì, magari un pochino, e taglia di netto le linee sui muri e le ombre delle balconate, mantre la luce è palpabile, nell'aria rarefatta e fredda che sembra fin quasi brillare sopra la città. Una scalinata che è un po' un altro luogo dell'anima, tra angoli netti ed improvvisi, cambi di colori, e chi si arrampica fin quassù, tenendo una mano nella mano o stretta sul cuore.

Un po' come le merlature del ponte di Castelvecchio, un profilo a ponte d'asino ed il silenzio interrotto dal fiume, la sera tardi di Natale, che qualcuno è in giro a digerire la giornata ed i profili si materializzano sul selciato dorato dalle lampade puntate verso il castello. Un po' pure come Piazza Dante, il punto della città che amo di più, con il Poeta pensoso al centro di borgate medievali, corti nascoste e le Arche poco più in là, anch'esse quasi nascoste.

Mi fa impressione portarci un amico, capitato all'improvviso da un'altra città, lui una mano nella mano e sentirsi dire in un'altra lingua che questo sarebbe un bel posto dove stare e perchè un lavoro non se lo cerca qui, fa malinconia percorrere questi sentieri sempre un po' così, e pensare ogni tanto come vorresti che fosse, camminare e mostrare, quanto avresti sognato, cercato di fare e desiderato vivere, per prendere il tuo mondo, ogni tanto, chiuderlo in una sfera di cristallo come fosse una gemma preziosa e così consegnarlo al cuore.



La stessa luce, in questi giorni, che a volte guardi un po' il calendario per esser sicuro di non aver perso qualcosa. Invernale, certo, ma la giornata è bella ed i colori non potrebbero essere più caldi ed intensi. E si materializza su un piano lontano, indefinito, della laguna, con gli attracchi di legno impiantati sul fondo che emergono malinconici ed un po' sinistri, prima di essere inghiottiti nell'azzurro fumoso dell'acqua.

Venezia è così... come tutti questi ricordi che si avvinghiano come radici nell'anima ed emergono quando alzo lo sguardo. Come se ne cercassi un altro di sguardo, in questo pulviscolo infinito, in cui attracchi solitari si disperdono, qua e là. Uno fa di tutto per perderesi, per le calli di Venezia, e ci si riesce benissimo, ma poi arriva sempre ad una svolta, un passaggio, un angolo che conosce, che è già percorso, che appare familiare. Come il gondoliere che si appoggia a questi pali contorti, e sembra conoscerli ad occhi chiusi. Così, chiudi gli occhi e credi di vedere, sentire, sfiorare, sotto gli occhi fissi delle maschere sospese nell'aria, ed i riflessi brillanti dei vetri soffiati. Chissà cosa osservano, e chissà cosa vedi, cosa sia ogni ricordo che può avere una scenografia tanto bella e tanto vicina, che in qualche modo è passata tante volte, con ogni luce ed ogni stagione, dove vada a finire se mai sia stato reale. Come le ombre che uno immagina la sera, attraversare un ponte, girare un angolo e smaterializzarsi oltre un passaggio che solo all'apparenza sembra un vicolo cieco. Quando il cielo rosato sul bacino di San Marco è già un altro ricordo, le gondole sussurrano tra gli ormeggi e sussurro sembra ciò che rimane delle anime attorno a Palazzo Ducale. Magari un sospiro, come maschere sinuose che come ricordi si muovono tra una calle e l'altra.




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