Arriva da lontano ed appare all'orizzonte. Le note, prima di tutto, giungono sospinte da un vento vento che sa di sale e di scogliere senza fine. Poi, si affaccia un profilo: una vela, una rete annodata. Il suono di tamburo ora é distinto. Mentre le note strozzate delle cornamuse si fanno sempre più insistenti, sempre più potenti: si aprono, come l'acqua tagliata dalla prua di una nave, ormai vicina, presenza distinta, sulla quale immobili i suonatori si stagliano come propaggini del legno stesso, vivente, altero e furioso. Come un canto di battaglia: ed allora ho pensato a cosa fossero un'armata di cornamuse che scendeva sul campo, annunciandosi tra la nebbia di una piana verde avvolta nel mistero, terrore ed odore del sangue che di lì a poco sarebbe stato sparso. Oppure come una canzone malinconica da intonare dinanzi ad un paesaggio inondato dal sole. Queste note apporadavano, mentre io mollavo gli ormeggi, verso quelle terre più o meno lontane dalle quali provenivano, per le quali suonavano in un messaggio di storia, orgoglio e tradizione.
Credo che nella geografia stessa si nasconda la particolarità questa regione. Un triangolo proteso nel mare, verso altri orizzonti. Come un braccio d'Europa che si stendeva altrove. Del resto, tutto qui segna una distinzione netta tra ciò che é Bretone e ciò che é Francia. Segnata dal tempo, segnata dalla storia, segnata da una cultura antichissima che nelle pietre allineate in un campo ha depositato il suo mistero. Da un lato all'altro del mare, protendendo un ponte invisibile segnato da una cultura unica ed ancestrale. Nei simboli, nella lingua, nella musica, e tutto ciò che la accompagna, forse anche il colore di un paesaggio ed il sapore dell'aria densa che lo permea.
Sono sceso verso la costa, un'ultima volta. Assaporando quella luce calda che mi accompagnava nell'attraversare fortezze sul mare, porti corsari e piccoli mondi che nella pesca avevano conosciuto la gloria e quindi la disfatta economica. Sgretolati come lo scheletro abbandonato della chiglia di una nave. Forse grandi artisti, anche loro alla ricerca di quella luce intensa e di un riflesso magico, le hanno intraviste, risalendo la foce di un fiume divorata dalla bassa marea.
L'ultima pagina di Storia l'abbiamo letta sui profili massicci di castelli da favola e tra le linee oblique di case medievali e sostegni a graticcio. Attraversando fiumi ed arrampicandoci su rocche silenziose la cui sommità custodiva piccole gemme di colori e di storia. Questi luoghi custodivano il MedioEvo così come forse lo si immagina tra realtà e fantasia, e così lo abbiamo respirato, camminando per strade silenziose e ricche di fascino, scendendo fino a riva per osservare un riflesso, ascoltando la calma che era nella quiete di un'eco lontana. Per dire che comunque, anche qui, ad un certo punto lambiva il potere, e si lottava per esso, sempre sospeso tra Francia ed Inghilterra, tra alleanze strategiche e casati nobiliari, scudi scintillanti di simboli e segnali, attraverso quel ponte invisibile che la geografia stessa aveva innescato.
Mi rendo conto che il mio taccuino di viaggio é colmo di queste piccole immagini, piccoli luoghi nascosti come tesori da scoprire, con un racconto da svelare. Per questo motivo mi piace questo viaggiare, questa terra, queste strade, che costeggiano il mare, o tagliano un paesaggio dolce nel suo profilo così come nei suoi colori. Mi rendo conto che la marea dell'oceano é una forza straordinaria, che si manifesta con esiti spettacolari e che mi attrae come un canto di sirena con lo stesso fascino impresso nei miei ricordi. Perché anche i ricordi, a volte salgono e scendono sospinti da una forza simile ed ugualmente irrefrenabile, e da queste parti di ricordi ne ho lasciati custoditi parecchi. Ad essi aggiungerò la bellezza e la leggerezza di questi giorni.
Sto riattraversando quel ponte, quello stesso con qui avevo iniziato questo racconto, sul testo di una canzone, guidando nella notte. Ho il sole, alle mie spalle che rossastro é un riflesso sullo specchietto retrovisore. E' un rumore di onda, il suono di una cornamusa, il fragore di un sasso che precipita lungo una roccia a strapiombo spazzata dal vento, o il battere di un cavallo sulla pietra di una strada in salita. O forse é una danza, di quelle che si ripetono perpetue, che un disegno stilizzato ha impresso sulla superficie di una ceramica bianca. Perché ogni cosa ha una una sua musica e qualche nota, quelle sì, potrò portarle con me.
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