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Immagine del redattoreoytis

Olimpia: nella terra degli dei, andata e ritorno


 



Non so bene cosa scrivere oggi, pensieri passati intrecciati in nodi non sciolti, righe scritte e cancellate come a dire "non importa". Vedo che a volte scrivere di dove sono stato è un po' come ripetere il viaggio compiuto una seconda volta, ripassare a volo radente tra immagini, incontri, luoghi e sensazioni. Forse è per questo che ne scrivo sempre. Forse è per questo che, come fu un paio di anni fa, su questo luogo mi capita di scrivere maggiormente. Avrei voluto mettere tante foto, per fissare i colori e con essi intingervi i ricordi celati. Tante immagini che per me significano qualcosa, che poi da qualche tempo che mi è venuta un'idea da seguire cerco ancora più insistentemente. Così, ne ho scelte tre, di foto, altre tre, sì, dallo stesso posto, anche se poi mi piace immaginare restino sospese in uno spazio non definito, senza dimensioni precise. Le ho scelte pensando a quell'anima che si nasconde, a quella che pensa che l'amore per una persona sia amarne l'anima. Le ho scelte oggi, perchè niente è mai del tutto per caso, per quanto senso possano avere dei numeri, cui alla fine un significato a volerlo si trova sempre. Le ho scelte senza tempo perchè come nello spazio anche nel tempo rimangano sospese.

Mi è stato suggerito di utilizzare tutti i colori che avessi voluto, per riempire uno spazio mio. Un contenitore di tanti messaggi in bottiglia, a volte lo vedo così, che affido a correnti sconosciute, che poi chissà rimarranno semichiusi, magari nemmeno prenderanno tanto il largo da riva. Un po' come queste foto, che alla fine scatto per me. Un po' come questa riva, invisibile, dietro una finestra aperta sul mondo, sui sogni e le speranze, magari un po' di poesia, e l'illusione di inquadrare un orizzonte entro contorni definiti, come se si potesse racchiudere l'infinito e portarlo dentro se stessi.


Colore. Azzurro, come un paesaggio che sfuma, in gradazioni diluite dalla luce. Ho scattato da uno sperone di roccia spuntato sul mare, proteso al vento che sibilando su una terrazza portava echi e sapori. Solo più tardi, quando non c'era sole ad accecare lo schermo ho visto quanto mi piacesse questa immagine. Anche se a me è sempre piaciuto il blu, quello scuro, cobalto, come si legge sempre sulle matite da disegno. Non sono mai riuscito a raffigurarmelo, questo elemento, se non diversamente da una forma geometrica monocromatica. Navigando a vista, perchè è come se ogni rotta fossa cancellata. E forse ogni tanto è anche giusto perdersi e cercare di ritrovare l'orientamento, peregrinare in un viaggio che proprio allora diventa tale. Ma non quando è il cuore a perdersi, ed il mare, quello invisibile che ondeggia nell'animo, non è questo, piatto ed amico sotto un sole sereno. Le onde non si infrangono ritmicamente sugli scogli ma diventano ruggito continuo, ed ogni tonalità si rabbuia  ormai indistinguibile. Ed allora si cerca un porto di approdo, un appiglio cui aggrapparsi, anche se spesso siamo noi stessi a crearne e distruggerli, perchè infine non si può controllare dove vadano i pensieri, e sfugge di mano il timone delle proprie angosce e delle amare paure.


Leggerezza. Insostenibile, come quella del libro. Ossimoro cui non riesco a non pensare, pur non sapendolo decodificare definitivamente. Leggerezza, come vorrei che fosse. Nei miei sogni, nei desideri dell'anima ferita che si chiede perchè non possa essere così semplice come dovrebbe. Indifesa, se è vero che basti sfiorare le ali di una farfalla perchè questa non possa più volare. Non ci ho mai provato, un po' perchè chi la prende, una farfalla, un po' perchè sarebbe soltanto una crudeltà inutile. Come ogni crudeltà, del resto. Fragile, perchè alla fine continuo ad illudermi che soltanto lasciando scoperta la propria fragilità si sia forti davvero. Ossimoro ideale, questa volta, codice segreto di un linguaggio che dovrebbe essere scontato e invece non è così. "Mariposa de sueno..." e non so dove sia, dove trovarla tra i miei sogni e la realtà, chissà quanto tempo ogni volta perdo cercando un'immagine, tentando e ritentando, seguendo il volo pindarico sospeso a mezz'aria. Mi piace pensare che la semplicità sia anche questa, perdersi nel chiostro di un monastero nascosto dentro le mura di una fortezza veneziana, laddove il tempo ed i gesti sembrano fermati nel tempo, ed aspettare un battito d'ali. Semplicità delle piccole cose, quelle di ogni giorno, alla fine non è così lontano da questo battito d'ali. Anche quando, questa farfalla ne è capace, queste sono ferite.



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