Con questo vento che dall'oceano sferza l'ultimo avamposto di terra, angolo sperduto d'Olanda, di nome e di fatto, con la sabbia che sfila su lunge distese, tra dune e cespugli che marcano un confine mobile, quasi un deserto che sfila sotto i tuoi piedi, con le onde che si infrangono sul molo, stretto corridoio disteso nell'acqua, ad accompagnare navi gigantesche che lasciano il porto di Rotterdam, sollevano spruzzi, colmano l'aria di acqua sospesa e del sapore di salsedine che respiri a pieni polmoni quando il mare é vicino, e già spariscono all'orizzonte, con la luce rifratta dall'aria umida, calda nebbiolina che tutto rende indefinito e surreale, così sembra davvero di essere giunti ad un confine del mondo. Così vicino, così raggiungibile, eppure un'altra dimensione avvolte nel silenzio di un vento che prepotente qui copre ogni parola, ogni cosa, oltre quelle dune, su questa lingua di sabbia candida.
Si procede inclinati in avanti, affondando nella sabbia, o investi lungo il molo dall'acqua sbattuta e sollevata contro gli scogli naturali. Una sedia abbandonata da qualche pescatore, un gabbiano che si stacca da terra ed una folata di vento già lo ha portato più indietro, un semplice faro in fondo ad un camminamento surreale, mentre indietro già non c'é traccia e l'unica cosa che niente possa portare via sono quei pensieri silenziosi nascosti da qualche parte che passano e ripassano senza sosta.
E quel Bartleboom che scrive le sue lettere invisibili senza indirizzo e invisibili le lascia cadere dentro una scatola.
Hoek van Holland, 22 maggio 2011
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