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Immagine del redattoreoytis

Nei dintorni di Edimburgo


 


“... For as long as but a hundred oh us remain alive, never will we on any condition be brought under English rule. It is in truth not for glory, nor riches, nor honours that we are fighting, but for freedom for that alone, which no honest man gives up but with life itself...”



Sono partito un giorno di nebbia densa. La pioggia, sospesa in questa coltre spessa rimaneva sospesa nell'aria, liberandosi a sprazzi in lame gelide e taglienti che penetravano dentro i vestiti. Mi sono diretto verso sud, incontrando quasi immediatamente strade silenziose che attraversavano un paesaggio di verde e colline. Verso il confine, o The Borders, come viene chiamata questa regione. Ed il tempo inclemente nascondeva la bellezza di questo paesaggio, dove scrittori avevano composto versi e racconti, perdendosi in foreste scure alla ricerca di un luogo nascosto, un ceppo, un monumento abbandonato, ed osservando con occhi lucidi cieli in tumulto e linee che sinuose si sovrapponevano fino a confondersi all'orizzonte, e si sposava al tempo stesso con i villaggi silenziosi, le vie spazzate dal vento ed intrise di pioggia, le luci ed il calore di una sala da the, ed i ruderi di antiche abbazie ed i loro angoli nascosti, dove cuori di re e passaggi di storia rimangono custoditi, scolpiti su pietra. Tutto, avvolto in una patina incolore e deprimente, che nella sua uniformità fiaccava l'animo ed abbatteva lo sguardo.


“...as from the Castle he views the scenery below, his heart will fill with joy all aglow. And with delight, he’ll exclaim, Oh! How grand! There‘s nothing can equal you in fair Scotland...”

Mi sono perso in un labirinto. Tra mura, sale e palazzi, passaggi sospesi e lunghi camminamenti. Imponente, adesso che mi osservo intorno lo immagino visto da fuori, da lontano, così come l'ho scorto io, mentre mi avvicinavo, così come deve apparire dalle piane verdeggianti che i bastioni dominano a trecentosessanta gradi. Là dove un tempo fu campo di battaglia, eco di nomi leggendari e scontri sanguinosi, o magari in un'altra direzione, dal ballatoio dove il nome dice si affacciassero le dame di corte, o magari in un'altra ancora, dove si scorge un cimitero antico a cerchi concentrici che risale ai tempi del primo assedio. La Storia di questo Paese é passata da questo luogo. E fa tremare il pensiero di quante anime senza nome si siano fermate nelle vicinanze. Ciò che resta é un richiamo silenzioso, mura alte e spesse, sale gelide e vuote, il canto di un bardo ed uno sguardo altero di re all'entrata.


Lungo la costa di una lingua di mare, dove questo si ritrae la mattina lasciando scoperto l'approdo, isolato su una collinetta al centro di una foresta, o enorme e possente arroccato sulla cima di una cittadina: come variazioni che si sfogliano su pagine dipinte ad acquerello, sono solo alcuni dei castelli di Scozia, i più vicini alla città, gli unici che il poco tempo mi concede, quasi un avamposto di questa terra che rimane misteriosa ed affascinante, un luogo da esplorare con calma, con tempo, sfidando l'imprevedibilità del tempo, i cieli striati che cambiano colore nel giro di poche ore, e seguendo il paesaggio, quando alterna spuntoni di roccia a pianure coperte di foreste e lunghi, infiniti, declivi. Magari affondando nella storia, qui che pagine e pagine sembrano essersi consumate, in uno scontro indomito e mai sopito per un lembo di terra che nella sua inospitalità conserva tutto il proprio fascino. Un po' come gli animi che inevitabilmente associamo a luoghi come questi, le passioni e la forza d'animo, ed una tradizione eroica e colma di colore, di suoni ed energia, quasi sprigionati dalla terra, e dalla storia, cui appartengono, immortali.


“...he made the carpenters carve them according to the draughts thereon, and then he gave them for patterns to the massons, that they might therby cut the like in stone...”

Ad un certo punto sembra quasi di sentirli, gli scalpellini, al lavoro. Su ogni singola pietra, ogni singolo angolo, anche il più nascosto, di una chiesetta ai margini di Edimburgo, creano. Creano, magari spiandosi con invidia l'uno con l'altro, un mondo ricco di simboli, di storie da raccontare, di personaggi da ricordare ed altri da dannare per l'eternità. Terminati i picchettii, sepolti gli sguardi, immobili le mani tanto capaci, nel silenzio del tempo che passa e ripassa come onde che lambiscono la sabbia, é un mondo che ha oltrepassato secoli di intemperie e soprusi, per arrivare fino a me, e continuare a narrare, o almeno tentare, quelle storie che agli occhi di chi le concepì dovevano essere immediate e precise. Alcune mi fissano, dritte negli occhi, protendendosi dalla pietra dentro lo spazio; altre si avvitano controcendosi attorno ad un punto di costruzione, un angolo, una colonna; altre ancora invece si muovono fluide come istantanee su una pellicola. Attraverso queste immagini, ora avvolte nel silenzio e nella luce suffusa che traspare dalle vetrate, il rintocco degli scalpelli risuona ancora, sempre più lontano ed attutito da una coltre di polvere spessa, tra misteri, leggende e suggestioni, un vocabolario universale di paure e speranze ed un inesplorabile atto di fede.


Arrivato, alla fine. E forse non poteva esserci un luogo più adatto per voltarsi un'ultima volta e dare uno sguardo a questi giorni, a questa terra incantata e selvaggia che mi ha preso l'anima dal primo momento. Perché difficilmente potrei un luogo più adatto, dove isole compaiono e scompaiono secondo il capriccio di maree rapide come cavalli al galoppo, rivelando passaggi segreti alla luce del giorno, il cielo striato dal vento é mutato di nuovo ed annuncia nuovamente una tempesta lontana che forse non arriverà mai, e dall'alto di una collina tra le terre emerse giungono idealmente suoni di cornamusa. Ogni passo, ogni immagine, guidati dalla suggestione di attravesare ambientazioni epiche, ai confini della storia, dove forze della natura si scontrano in una lotta senza fine ed esseri sovraumani camminano sulla terra. Dove altro potrei cercare per poter lasciare un messaggio, gridare al vento, e depositare i miei ricordi come un tesoro prezioso da custodire fino al giorno in cui tornerò a sognare camminando tra questi luoghi.



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