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Immagine del redattoreoytis

Navigazione sul Bosforo


 



20 Novembre 2012


Ho l'oro negli occhi. Impresso, come quando punti la luce dritta negli occhi e poi per chiudendoli vi rimane impressa. Perché scrivo oggi... perché oggi é il 20, un altro 20, ed idealmente sono ancora seduto su uno scoglio in mezzo al Mar di Marmara ad osservare un tramonto. Trafitto dal vento, bagnato da spruzzi d'onda improvvisi sospesi nell'aria. A sinistra l'Asia, a destra l'Europa ed io su un braccio di mare che si accende col cielo. Non potrei immaginare altro confine, confine del mondo, in mezzo a dieci milioni di persone, ed uno di quei cartelli con le distanze del mondo, in ogni direzione. Resto seduto su uno scoglio; allora, che qui, come altrove in tutta l'Asia Minore, é stato eletto teatro della storia di Ero e Leandro, di principesse e ladroni, di amori disperati travolti dal mare in tempesta.

Così, penso a quanto ho scritto qui, su questi luoghi che é come aprissero un varco dentro il mio cuore, uno spiraglio sull'anima, e mi facessero scavare dentro. Un'onda, il suono silenzioso di una nave come silenzioso é il pensiero che scava dentro, si perde, senza trovare un suo filo di Arianna, sordo, non sa fermarsi, non sa smettere di ferire. Perso, nel mare, il sole al tramonto dietro un profilo indelebile.



Una goccia cade nel buio. Nient'altro che buio. come se fossi sprofondato nella storia, oltre che inghiottito nel terreno. Stilla dal soffitto, invisibile, fino a quando non si frammenta a contatto con l'acqua. Come vorrei spiegarti che cosa sia per me un luogo dell'anima. Nel buio parlarti, sussurrare e raccontarti cosa sia per me, come nel buio vorrei soltanto stringere una mano, con l'altra accarezzare il cuore, e camminare. In una foresta di pietra, fatta di colonne, arcate a tutto sesto ed infiniti riflessi sempre diversi. Dove il silenzio si respira e stringendo le mani lo afferri.

Come un viaggio al centro della terra, non saprei immaginare un ingresso differente, e da un momento all'altro mi aspetto di scorgere una barca di legno silenziosa, silenzioso il suo rematore, seminascosti nell'oscurità, sinistri ed immobili sull'onda creata da una goccia d'acqua stillata dal soffitto.



Ho l'azzurro negli occhi. Inciso negli occhi. Dove il Bosforo attraverso l'ultimo stretto ed il Mar di Marmara sfocia nel Mar Nero. Dove un villaggio di pescatori attende, giorno per giorno, un traghetto arrivare ed un traghetto ripartire. Ed un cumulo di pietre erose rimangono al vento, in cima ad un passaggio obbligato. Volevo arrivare sin qui. Sui gradini che salgono, i cani randagi, il vento che passa senza sosta. Ed un mare nascosto, da una parte e dall'altra, dietro un cancello arrugginito e bloccato.

Tanto da sembrare anonimo. Eppure qui volevo arrivare, salire, cercare un panorama parzialmente nascosto. Almeno, prima che quel cancello, quasi per caso, si apra. Vorrei tracciare un segno nella polvere per lasciare che il vento lo cancelli. So che non é così. Riaffiora un attimo, un attimo affonda sordo e scompare da dove é venuto. Al confine. Inciso negli occhi.




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