Seguo lo sguardo dei gargoyle che si estende sui tetti di Parigi. Mi appaiono trasognati questi occhi incastonati in volti mostruosi, che ancora più violentemente si imprimono nella mente illuminati nella notte in violente alternanze di chiaroscuro. Ma non mi fanno paura, anzi… e vorrei il mio sguardo sapesse perdersi come il loro sulle luci sfumate della città, da queste pietre scolpite nel tempo a narrare le speranze e le paure umane più recondite che affondano nella terra. Mi affascina l’idea di queste cattedrali superbe, dove niente – non uno spazio, non una proporzione, non una figura – è lasciato al caso o privo di significato, edificate da generazioni nell’arco di secoli. I pilastri della terra…
Piove. E’ una pioggia fredda e finissima quella che scende qui in cima a Notre-Dame. L’aria ne è satura, sembra quasi di poterle palpare, le goccioline che appannano l’obiettivo e rendono la vista sfocata. Lontano, la torre Eiffel, appare una macchia di luce non ben definita, come se fosse in un quadro impressionista, illuminata dell’azzurro d’Europa, ad un tratto scintillante come se fosse coperta di diamanti. La Senna attraversa la città e la illumina con i suoi magici ponti e le tante luci brillanti, così piccole, così lontane. Vertigine ed euforia… Come la sera prima, sulla torre Eiffel, come di giorno sulle cupole di grandi edifici ad osservare dall’alto perfino il volo degli uccelli. Ma di notte è diverso, è tutto più magico e coinvolgente…
La pioggia si fa rarefatta, nella notte che avanza. Percorro l’argine della Senna osservando chi incrocio lungo la strada e, più in basso, chi si ferma ad osservare lo scorrere del fiume. Amore, sconforto, euforia, tutto si alterna nelle ombre che danzano sotto i miei occhi. Alle mie spalle, le grandi figure di pietra, teneramente severe, mi osservano… Ed arrivo nella corte del Louvre, non c’è nessuno. Gli edifici del grande museo si specchiano sul pavimento bagnato, formando immagini tremolanti che compongono un secondo mondo, mentre le piramidi cangianti, riflesse, costruiscono enormi diamanti. La pioggia ha reso deserto questo spazio, attraversato durante il giorno da migliaia di occhi. Eppure è molto più bello adesso che di giorno. Da sotto un’arcata un flauto intona insicuro una melodia triste, che flebile mi avvolge. Un’ombra, a guardia dell’ingresso, una famiglia lungo il sentiero tra le fontane, due ragazzi in bicicletta, tutti si stagliano come un gioco delle ombre sui chiari colori degli edifici a fare un po’ propria questa musica.
Città maledetta, città delle luci o città da tre fiammiferi illuminata… la notte è magica… Ritorno sui miei passi...
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