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Immagine del redattoreoytis

La saga vichinga ed un Urlo nella notte: fine settimana ad Oslo


 



Credo che sarà stato il sole in un cielo limpido a tradirmi. Ancor più quando l'orologio ormai iniziava a puntare mezzanotte. Sarà stata la sensazione di un'aria limpida che si specchiava su un paesaggio silenzioso ed uno specchio d'acqua immobile. Tutto assumeva un tono di calma profonda. Ancora, credo sia stato il sole a tradirmi. A queste latitudini, immagino, raramente deve essere così. E sul mare che si apriva dal porto, ho allungato lo sguardo lungo il fiordo, chiedendomi quanta bellezza debba nascondersi altrove, risalendo una costa frammentata e contorta, se già qui é possibile raccogliere un profilo tanto intenso. Così, non so definire se l'immagine raccolta in questi giorni sia solo parziale, in un centro città silenzioso ed efficiente, il verde alle ali, con una foresta che incombeva a pochi passi di distanza, ed ardite forme di architettura moderna che punteggiavano il profilo della città un po' ovunque, fino a spingersi a ridosso del mare, le sue acque pulite e gelide di un blu inteso osservato ed ammirato all'ombra di un sole infinito. E così, sembra quasi difficile credere alle foto che scavano indietro di qualche generazione, abbastanza per coprire l'arco di un secolo, e leggervi, al posto dei prezzi esorbitanti di qualsiasi cosa, al posto di quella sensazione di benessere comune ed organizzato, un molo di pescatori, una vita stentata e sofferta, ed una routine di povertà.



Siamo entrati per primi, all'orario d'apertura. Sulla parete, in un'ala del museo, si proiettavano onde violente e cieli di tempesta. Ma dall'entrata, della sua forza impetuosa si sentiva soltanto il ruggito, accompagnato da note di musica dai toni eroici. Io ero immobile. Immobile dinanzi al profilo di una barca che avanzava verso di me, miracolosamente, incredibilmente intera, spettro emergente dal mare e dal tempo, da una sfida impari con la natura, come quelle immagini proiettate volevano raccontare. Intagli di serpente, alti gli scudi che dovevano levarsi allora, quando questa nave fendeva l'acqua di mare, alla ricerca di una terra, o magari di un fuoco lontano, o forse semplicemente veicolo di sopravvivenza. Ho provato un'emozione intensa, dinanzi a quest'armatura che avanzava verso di me, dinanzi alla saga che raccontava, esplorazione, lotta continua e feroce, le radici stesse di un popolo. Come se stessi leggendo versi epici.



Eppure, non era finita. Da un museo all'altro, dai legni vichinghi ai ferri del Fran. Sono approdato sui ghiacci, diviso tra Artide ed Antartide, storie ascoltate più e più volte, ora materializzate nel profilo di una nave. Tragedia, coraggio e destino, dove anche un minimo particolare poteva mutare una vittoria in fallimento, e valeva spesso una vita, o molte di più. Li sentivo uniti da un filo invisibile, lungo come la storia moderna dell'uomo, teso perennemente verso quelle colonne d'Ercole, virtute e canoscenza, eroi nel successo e nella sconfitta, ma sempre un po' più in là.


In un certo senso, lo attendevo. Tra tutti i colori e le atmosfere del nord, prima o poi sapevo che mi sarei trovato al cospetto di quel dipinto, lungo una balaustra, sotto un cielo infuocato. Ho ripensato alle belle giornate di sole di questi giorni, ai colori tersi, alla luce notturna d'estate. Ho camminato tra i colori di notti perenni e tenebre umane. Ancora una volta, ho pensato che quel sole, in qualche modo, aveva in parte ingannato la mia percezione. Ho continuato a camminare, e sotto quel cielo infuocato ho intravisto un altro personaggio, in posa differente, che mi ha infuso un senso di profonda tristezza e solitudine. Mi sono sentito risucchiato in un vortice di colori. E così sono uscito nuovamente, un'ultima volta, per adesso almeno, cercando nelle acque profonde di un mare calmo i riflessi di una sera che non voleva arrivare.



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