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L'Oracolo ed il Monte delle Muse


 


15-16 maggio 2008 E' quasi sera quando arrivo a Delfi: il cielo limpido si tinge di viola, il sole si spegne dietro il Parnaso, il monte delle muse, il luogo dove era custodito il fuoco sacro dell'arte... Guardo questo pendio scosceso, la terra brulla e gli speroni rocciosi sfumati di rosa, è il suo nome a renderlo tanto imponente... penso al Gradus ad Panassum, a quelle diaboliche successioni di note, ed intanto osservo queste pietre... sorrido... Mi volto, corro con lo sguardo le strada che tortuosa discende verso la pianura attica ed il mare... là, in fondo, il golfo di Corinto si distende su tutta la scena, mentre le prime luci si accendono ed indicano segni di vita... Lì, su questo suolo o poco lontano, eroici guerrieri si schieravano a difesa della propria terra, lì scorreva il sangue di Ateniesi e Spartani, lì iniziò l'epopea di Alessandro Magno; chissà se le loro armature brillavano d'argento sotto la luna così come ora si accendono le luci dalla città, chissà se quegli uomini, sfiorati anch'essi dall'alito di vento soffiato dai monti, hanno rabbrividito prima di scendere in battaglia... Presto, per evitare l'affollamento dei turisti, varco la soglia dell'oracolo di Apollo, mi incammino sul sentiero lastricato che zigzagando sale verso il tempio di Apollo... Quasi fossi un pellegrino, costeggio i resti dei tesori delle grandi città greche: laddove ora giacciono pietre nascoste dall'erba erano ammassati grandi tesori, portati in offerta ad uno dei luoghi più sacri di tutto il mondo antico... Qui era il centro del mondo, qui si erano incontrate le due aquile mandate da Zeus agli antipodi della Terra, da qui vaticini oscuri portavano morte o vita, guerre o alleanze... di tutto questo restano solo scarne colonne abbattute dal tempo... Salgo, salgo ancora e attraverso il teatro, mi arrampico fino allo stadio, dove in fondo, tra i cespugli ancora stanno i blocchi di partenza scolpiti degli atleti... Gli atleti... percorro le palestre, sfioro con la mano l'acqua fresca della fonte sacra e giungo nel punto più magico del santuario, il tholos, con le sue colonne disposte a cerchio, immerso tra gli ulivi, sulla sommità di un declivio... tra marmi antichi e blocchi ricostruiti, all'ombra delle tre sole colonne ancora in piedi, è qui che voglio immaginare le sacerdotesse danzare illuminate dalla luna, alla luce di un fuoco sacro, e pronunciare formule antiche e segrete... è qui che farei sedere un'orchestra ad intonare note potenti ed eterne, ad abbracciare le terre che si distendono sotto i miei occhi, e oltre ancora, laddove l'orizzonte appare indefinto...


(picture form the web)


The sleepless Hours who watch me as I lie, Curtained with star-inwoven tapestries, From the broad moonlight of the sky, Fanning the busy dreams from my dim eyes,-- Waken me when their Mother, the gray Dawn, Tells them that dreams and that the moon is gone. Then I arise, and climbing Heaven's blue dome, I walk over the mountains and the waves, Leaving my robe upon the ocean foam; My footsteps pave the clouds with fire; the caves Are filled with my bright presence, and the air Leaves the green Earth to my embraces bare. The sunbeams are my shafts, with which I kill Deceit, that loves the night and fears the day; All men who do or even imagine ill Fly me, and from the glory of my ray Good minds and open actions take new might, Until diminished by the reign of Night. I feed the clouds, the rainbows, and the flowers, With their ethereal colors; the Moon's globe, And the pure stars in their eternal bowers, Are cinctured with my power as with a robe; Whatever lamps on Earth or Heaven may shine, Are portions of one power, which is mine. I stand at noon upon the peak of Heaven; Then with unwilling steps I wander down Into the clouds of the Atlantic even; For grief that I depart they weep and frown: What look is more delightful than the smile With which I soothe them from the western isle? I am the eye with which the Universe Beholds itself, and knows it is divine; All harmony of instrument or verse, All prophecy, all medicine, is mine, All light of art or nature; - to my song Victory and praise in its own right belong.


(Hymn of Apollo - P.B.Shelley)



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