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Immagine del redattoreoytis

L'azzurro del lago


 


Blu, come le montagne che si tuffano nel lago, e da nord verso sud ne disegnano la forma. Non c’é troppa gente, a cavallo d’inverno, in questi paesi, e sembra allora di camminarvi una volta nuova. Sulla riva, di sassi e di erba, dove il rumore delle onde leggere e lo sfregare dei sassi ad ogni passo arrivano entrambi distinti attraverso l’aria pungente. Ai tavolini di un bar, uno rimasto aperto, dove il calore si sente entrando, nel profumo della cioccolata fusa in una tazza. Sembra quasi un luogo addormentato , sotto in sole limpido eppure senza calore. Non quello a cui pensi, almeno. Ma passeggiando così, immerso in un colore che come l’aria stessa sembra materializzarsi al respiro, sfiorare il volto e rapidamente sfumare nell’ombra della sera, sembra che tutto rallenti, in un tempo indefinito, ed ogni percezione, come un pensiero, impatta amplificata sulla pelle.



Bianco, come la neve. Poca e soffice, probabilmente sparata dai cannoni, chissà . E quando il vento risale la fiancata della montagna, la seggiovia oscilla ed é una sensazione che mi mette in difficoltà. Non sono abituato, e le fronde oscillanti dei pini ai lati non aiutano. Bianco, ma potrebbe essere ogni colore che la luce riflette. Con un sole già basso che reclama la sua ultima gloria davanti a quelle montagne che col loro profilo lo nasconderanno. Ed allora oscilla, tra l’oro e l’azzurro. Sempre colori tersi che arrivano nitidi e freddi, anche quando accecano. Quasi improvvisato, sulla neve, il passo affondadi qualche centimetro, lascia un segno momentaneo, si confonde tra linee ed orme fuori pista, come puntini che scivolano, brulicano, scompaiono tra i giganti.



Rosso, come il fuoco. Brucia la vecchia di paglia e cartapesta, ed una vampata di calore investe il viso. Poi, é già andata, verso l’alto, seguendo le scintilla che roteano nell’aria. Così come le cose brute da lasciare indietro all’anno passato, questo dice la tradizione. Nel fuoco scompaiono, idealmente, nel fuoco si purificano, dale cui fiamme uscirà una Befana buona. Come un rito ancestrale, del quale non rimanga altro che ombre impresse su un bagliore di luce ed un lampo di paura, quello di un bambino che lì vicino si copre gli occhi. Probabilmente uguale a quando ero bambino, anche se forse non era qui ma da un’altra parte, non so, nemmeno lo ricordo, in realtà e me lo raccontano. E’ già scomparsa la vecchina, restano spettrali solo le impalcature avvolte nella luce affievolita. Resisteranno ancora un po’. Come un lampo di luce.





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