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Immagine del redattoreoytis

Immagini sparse nei dintorni di Verona


 


Sfioro con le mani foglie d'edera merlate di rosso sfumato... minuscole, le accarezzo con le dita, affacciato oltre una balaustra che dà sul balcone... file di turisti sotto il cielo caldo di fine luglio di fronte ad una statua levigata, un balconcino medievale e le mura "oltre le quali non esiste altro mondo"... Quanti biglietti puntati sui muri, qualche messaggio da leggere, in ogni lingua... "so che é là fuori"... accarezzo minuscole foglie di edera... Sono tornato. In questo borgo, letteralmente nel nome piccolino, fatto di poche case e qualche mulino sul Mincio. Come entrare ed uscire da un acquerello, in cui a cambiare é qualcosa che non si vede. La temperatura, innanzitutto... certo forse nel colore del cielo e nella luce... da inverno a piena estate. E forse qualcuno scorgerà anche delle "macchiette", da qualche parte. Piccole ed insignificanti ad uno sguardo che non sa cosa cercare. Io invece vedo una ringhiera di ferro battuto, dei tavolini disposti a terrazza, sento il rumore fragoroso dell'acqua sulle pale. E sotto le arcate di un ponticello c'é sempre una barca ancorata tramite una corda. E' lì esattamente come allora. A dispetto di quanta acqua sia letteralmente passata... forse non tutto scorre così facilmente.



Non lo faccio apposta. Osservo la gente per guardare i particolari. E' istintivo, come quando camminando allungo la mano a toccare i fili d'erba. Chissà forse li immagino, e chissà quanti non vedo. Immaginando cosa, poi... Mi viene così, guardare illuso un gesto semplice, come un uomo anziano che tremante tende la mando alla moglie sui gradoni dell'arena, fermarmi per strada ad ascoltare lo sguardo di una ragazza che suona il violoncello, soppesare le lacrime di una ragazzina che entra nel bar e seguire la carezza di una donna, forse la madre, sul volto bagnato. Non succede mai niente. Eppure niente é banale. Così credo. E' qualcosa che mi fa sentire sciocco, a volte, un po' sbagliato, fermarsi dove non c'é niente su cui fermarsi, dove nessuno lascia lo spazio di un'occhiata, un pensiero, ed io per me fermo non so dove, ad osservare. Forse i ricordi sono un po' come le rovine antiche. Lasciamo che reclamino rispetto e lasciamo che rimangano. Non ci importa se diroccate, scrostate, ferite, o sontuose e perfette. Se le riteniamo importanti, le lasciamo lì, sfidare il passato, sfidare il tempo che quello no, non si ferma mai. Ecco, allora, se si é fatti così, non si sa nemmeno come toccarle, gestirle, con quel senso di reverenza e legame a ciò che rappresentano, per noi, cosa significano. Ancora più se tanto é stato speso per costruirle. E rimangono lì, sepolte, sotto una spessa polvere, sotto sabbia e tempeste, ma sempre lì.




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