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Immagine del redattoreoytis

Illusione artica


 


Avevo bisogno di un accenno di bellezza. Leggero come un manto improvviso, fragile come quei cristalli di ghiaccio pronti a sciogliersi al sole. Quello che é il moto di sorpresa negli occhi di un bambino, mi é parso come il tocco delicato che mi svegliasse da questo inverno che pare infinito. Dopo tutto questo tempo che non passa, ed un mondo che ogni giorno diventa sempre più estraneo, quasi sconosciuto, sentivo la necessità di qualcosa di bello. Ho assaporato ognuno dei miei passi che affondano in un paesaggio improvvisamente da fiaba, e quasi un ricordo di un orizzonte che allora era semplice magia, lontano anche quello, in questa coltre immobile di un tempo che non vuole passare. Sono andato nel bosco. Se non per vivere con saggezza, per lo meno lasciando che la mente ed i miei pensieri fossero finalmente liberi di vagare nel freddo pungente dell'aria intrisa di neve. Imbardato quasi fosse il deserto artico. Mi sono perso, con gioia. Ed ho continuato a camminare, affondando i miei passi nella neve più soffice, alzando lo sguardo verso il cielo limpido e gelido e lasciando che quell'aria fresca mi riempisse i polmoni. O pennellando striature azzurrognole e di luce calda, come soltanto la luce radente di un sole che non riesce a salire troppo oltre l'orizzonte può dare, su una tela ondulata e brillante di riflessi sempre diversi. Linee astratte e pieghe dell'anima.



Rapidamente, come era venuta, se ne sta andando. Inesorabile, la sua scomparsa si manifesta, giorno dopo giorno, ad occhio nudo. E già in alcuni punti il terreno duro che incontrava il piede affondato nella neve ha lasciato il posto a scivolose chiazze di pantano. Continuo a vagare, ogni giorno, su sentieri sempre simili e sempre nuovi, cercando di perdermi ogni volta. Anche se non posso negare che questo cambiamento mi lasci un retrogusto di malinconia. Ed oggi, non so come, sono sceso parecchio indietro nel tempo, abbastanza per scivolare in quei ricordi mai sopiti che mi conducono ad un vicolo cieco. Un po' perché sono senza risposta, un po' perché una parte del mio cuore e della mia anima non sono mai più andati oltre quel momento. Ci sono frammenti che custodiamo come se fossero oggetti preziosi a cui voler rimanere aggrappati ma che in realtà feriscono come schegge. A volte riemergono. E come riflessi, specchiano i pensieri che li hanno raggiunti per lasciare che si perdano, seguendo una catena logica senza un senso evidente, verso destinazioni imprevedibili, ma che pur sempre approdano a me, al mio sentirmi inadeguato, sbagliato o più semplicemente bloccato, nascosto da me stesso agli occhi del mondo.



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