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Il violinsta pazzo - Il mio ricordo più toccante di Budapest


 


...Egli apparve all' improvviso nel sentiero, tutti uscirono ad ascoltarlo, all' improvviso se ne andò, e invano sperarono di rivederlo...


Alzò lo sguardo, verso il soffitto. Una luce danzava sulla parete incolore. Proiezione di una candela che tremante vibrava nell'aria e diffindeva il proprio profumo. Apparsa così, sembrava la luna piena appesa a ochi metri da terra. La parete incolore esplodeva in un cielo scuro non visto. Fu allora che, non sapendo bene perché, gli venne in mente il violinista pazzo. Un'ombra, una silhouette che chissà, magari avrebbe riempito di quei colori che la musica gli avrebbe ispirato. Un'ombra che percorreva una strada silenziosa, sul lastricato bagnato che rifletteva qualche flebile luce. O forse il volto di un'uomo che al termine di una scalinata faceva cantare il proprio violino in fronte ad un'intera città.


...In un luogo molto lontano, in un luogo assai remoto, costretti a vivere, essi sentirono una risposta a questo suono...


Eppure, era solo silenzio, che anche la flebile fiamma taceva. Lei parlava nel silenzio, su una parete senza colore e senza contorni. Sprofondò nel silenzio come il suo corpo tra i cuscini del divano. Osservava un punto che non c'era, un orizzonte che appariva, su una spiaggia indefinita, la bassa marea e l'acqua del mare sospesa nell'aria, tanto da avvolgerlo in una nebbia. La stessa che si faceva attorno ai contorni scuri del violinista pazzo, nel suo mantello lungo una strada bagnata di pioggia e chissà, forse di lacrime. Ma nel frattempo assaporava l'aria, ascoltava il mare, riempiva gli occhi di colore, un azzurro che aveva voluto imprimere nel cuore.


...Risposta a quel desiderio che ognuno ha nel proprio seno, il senso perduto che appartiene alla ricerca dimenticata...


Sprofondò oltre, nei ricordi, nella musica di un violino suonato col cuore in mano da uno sconosciuto una notte d'estate, o almeno così gli era parso. Forse era lui a tenere la propria anima sospesa sulla punta delle dita. La fece cadere, persa nelle acque di un fiume. O forse era an alito di vento. Non lo seppe dire, in quel momento. Sentì soltanto il tempo scorrergli nelle vene. Proprio allora, che tutto sembrava immobile e solo il tremolio di una candela contava i secondi. Come un trillo malinconico, quello suonato dall'uomo in cima alla scalinata, gli occhi chiusi ed il braccio che scivolava lento reggendo l'archetto per aria.


...la fanciulla e il ragazzo furono felici d'aver solo sognato...


Ecco, sì, continuava a domandarsi se avesse visto un sogno soltanto. Se magari lo avesse interrotto, entrandovi. Come quelli che gli sbarravano gli occhi e gli rimanevano dentro per l'intera giornata. Allora lui ne avvertiva la realtà. Una realtà che davvero non era. Allora avrebbe voluto rivolgersi al violinista pazzo, chiedergli come facesse, cosa stesse suonando, per chi fosse quella musica abbandonata alle stelle. Allora pensò che anche il violinista pazzo era soltanto nei suoi occhi e nel suo cuore. E provò tristezza per questo. Per un mondo che non era il suo. Affondò in occhi che non esistevano.


...Poi, dolcemente, si confuse con il silenzio e il ricordo...


E con un ultimo alito, pensò ancora al violinista pazzo, alle rive dei fiumi, ai colori che aveva cercato di portare con se. Pensò che nonostante questo non sapeva più dipingere, se poi vi fosse mai riuscito. Soffiò dolcemente, e la luna si spense. Un rigagnolo di fumo profumato rimase sospeso nell'aria attorcigliandosi. Lo seguì con lo sguardo, anche quando il tizzone della corda acceso si spense del tutto. Continuo a seguirlo, o forse era la sua musica, non seppe dirlo, anche quando non vide più niente.





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