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I musei di Berlino


 


Inamovibili blocchi di marmo, eppure hanno attraversato l'Europa da una terra lontana e sono arrivati fin qui. Allestiti come una scenografia, entro la quale si muovono visitatori, si fermano ad osservare i dettagli scavati alla roccia o seduti sui gradini dell'altare. Quello della città di Pergamo, in Asia Minore. Ed é solo una parte quella che già ne rende la spettacolare imponenza.

Inizia così, dal Pergamonmuseum, dalla sua prima stanza, questo viaggio attraverso i musei di Berlino. O meglio, alcuni di essi, di cui scrivo, tra quelli d'arte, di cui la città é ricca, che per scelta o per caso ho visitato. Inizia, da quello che sembra a tratti un parco divertimenti dell'archeologia per come é allestito. Perché varcata la prima soglia, il secondo passaggio conduce attraverso una porta romana dalla quale, uscendo, si attraversa lo splendore della via regale di Babilonia. Spettacolari ricostruzioni, forse un po' forzate che obbligano a guardare all'insù, prima di proseguire al piano superiore dove le raffinatezze dell'arte islamica attraversano un millennio di cultura e rievocano, con le loro pietre colorate, le forme astratte tanto leggere come fossero disegnate nell'aria, il legno scolpito, scenari da mille e una notte.

L'antichità continua a rivivere nelle sale del Altes Museum e del Neues Museum. Tra tutti i volti impressi nella roccia, più o meno personalizzati, sono quelli delle regine egizie a colpire maggiormente. E lo fanno con quei particolare che le rende umane, quell'espressione sul volto, l'accenno di una ruga che parte dall'occhio o l'impercettibile sorriso impassibile. E tra tutte le regine, spicca quella più famosa, in una sala d'angolo, sotto una cupola colorata. Osserva, fissa, Nefertiti, la bella, la moglie del Faraone eretico. Fissi, questi sguardi, fisse le incisioni sulla pietra, fisse nel loro movimento circolare le figure rosse che si animano sullo sfondo nero dei vasi attici. Il nome di un uomo, il dolore di un padre, tutto per sfuggire all'oblio, perché esista, sempre, una voce, anche quella più anonima, da un passato scomparso, come quei colori, scomparsi anch'essi, dal marmo, dalla pietra, tanto che non riesco nemmeno ad immaginarmeli diversi da quel bianco candido e freddo che ho sempre conosciuto.



La Gemaldegalerie é forse il museo che mi é piaciuto di più. Ai lati di un ampio salone, completamente spoglio, che sembra suddiviso in navate, si stendono due ali che corrono parallelamente. E' lo spazio, il silenzio che prelude ad ogni sala che avvolge i miei passi. Come se potessi sentirli, i dipinti sospesi, i volti che escono dalla tela, gli sguardi che hanno sfidato il tempo. Mi parlano, nel silenzio, perché ogni volta possa tornare a chiedermi ciò che vedeva, ciò che sentiva, la mano di un artista, di quell'artista.

Due ali. Meravigliosa, quella con la pittura italiana. Dall'ingresso, superato l'oro e l'eleganza del gotico, lo sguardo si apre su Botticelli, su una Venere spogliata di tutto, su una Madonna circondata di angeli. La Madonne, certo. Si inseguono sguardi, di sala in sala, ed in fondo, come un cammino si intravede la figura più delicata, dipinta da Raffaello. In mezzo, trionfano i colori, il disegno sparisce, tra Venezia e gli emiliani, prima di giungere nell'area romana. E l'occhio riconosce ciò che cattura l'attenzione, in tanto splendore, dove l'ingegno va oltre ed emerge.

Parallelamente, l'ala di sinistra segue l'altro grande filone della pittura fiamminga, più netta, più rude inizialmente. Poi, i colori diventano infuocati, i dettagli più netti. Rosso vivo, il marchio di Rubens. E' il preludio alla luce, quella di Rembrandt, chiusa, intensa, contrastata, prima che si apra, attraverso una finestra, Vermeer, il pittore di Delft, ed un riflesso, su un volto, sulla superficie di un oggetto. Ed esce, infine, nelle grandi vedute aeree su un cielo sempre in burrasca ed un mondo di commercianti e navigatori.



Sono cambiati i colori, sono cambiati i soggetti. Sono all'Alte Nationalgalerie. Qui regna la pittura tedesca, qui regna il pensiero moderno del XIX secolo. Eppure... eppure ci sono sempre quegli sguardi che sfidano il tempo. E tutte quelle piccole storie nascoste dietro una vita ed un dipinto. Dei soldati percuotono i tasti di un pianoforte nell'improbabile intento di raffigurare l'aspetto più umano della guerra, di fronte una donna osserva con affetto tra la folla il fratello imperatore concertista improvvisato.

C'é una tela incompiuta per anni da un cuore spezzato che non riusciva più a dipingere la propria musa, e dietro il corteo della morte c'é il dolore di un padre per la perdita della figlia. Cos'é cambiato allora da quelle figure incise nella pietra in un passato lontano...

E dalla pietra, scolpita da Rodin, il pensiero prende vita, forma, si contorce e bacia la mente umana. Una mente umana che reinterpreta il paesaggio come metafora della vita e del mondo, rivisitando in toni più espliciti dei temi già impressi secoli prima. Più espliciti, perché ora le scene raccolte appartengono alla vita quotidiana. Come due coniugi che osservano in direzioni differenti. O come una barca che si allontana verso un'isola sinistra e silenziosa, od un cervo che osserva scintillanti architetture gotiche. E' un altro mondo, quello tedesco, un altro paesaggio. E lo sguardo di chi lo osserva ci sfugge, perché le figure, quelle di Friedrich, piccole dinanzi a tutto questo, osservano anche loro e ci danno lo sguardo. Il loro é lo stesso nostro sguardo, come se fosse anch'esso dipinto. Tra cieli dalle luci  meravigliose, rovine sinistre, ed una spiaggia infinita. Tra cielo e mare, anche se il profilo di quell'uomo, lì in basso, non raggiunge la linea dell'orizzonte.



Il percorso attravero i musei d'arte di Berlino finisce qui, dunque. Ma ci sono altri musei, quelli della storia. Disseminati per la città, a volte anche attraverso semplici pannelli, altre volte impressionanti, come il Museo del Terrore e lo Judisches Museum. Qui, sono i documenti a parlare, e gli sguardi sfocati rimangono nel tempo a testimonianza di atrocità. Attraverso un fulmine spezzato si raccolgono piccole storie di gente comune e nomi famosi dell'epoca, successioni di date e di numeri. Anche i più crudeli. Ancor di più, da non perdere.



A margine di tutto, una semplice considerazione, che accomuna ognuno dei luoghi citati. Alcuni di questi erano mio obiettivo preciso di una visita a Berlino. Che é la straordinaria organizzazione degli spazi, delle spiegazioni, del percorso inteso come cammino di conoscenza e di scoperta. Un approccio moderno, che non perde mai di eleganza e raffinatezza, e mette a proprio agio ed invita, a mio parere, valorizzando ogni singolo pezzo.



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