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Immagine del redattoreoytis

I marmi del Partenone, gli spalti di Olimpia


 


14 maggio 2008 Sole battente, luce accecante... cammino tra blocchi di marmo modellati migliaia di anni fa ed osservo i resti di un mondo passato... è inevitabile idealizzare questo mondo, coglierne solo l'amore per il bello, la filosofia, il valore dell'essere umano... Le pietre trasudano storia: il Partenone si erge magnifico, seppure smembrato di molte sue parti, malgrado i puntellamenti di ferro che lo avvolgono su un lato, nonostante quei vivaci colori di un tempo che noi nemmeno riusciamo ad immaginare siano spariti. E' mattina presto, sull'Acropoli, ma già molte persone hanno varcato l'ingresso alla collina più importante della città, e forse del mondo occidentale... ma chiudo gli occhi ed ascolto il vento ed è come se non ci fossero, come se tutti i pezzi mancanti, rubati, sfregiati o riutilizzati tornassero al loro posto e grandi oratori declamassero i loro discorsi in una lingua antica ed incomprensibile alle orecchie... Osservo le cariatidi, in parte bagnate dal sole, in parte all'ombra, e sono bellissime, forse la parte più bella della città sacra; immobili, fissano il loro sguardo su una distesa impressionante di abitazioni che dai piedi della collina si distendono senza regola, senza rispetto, limitate soltanto dalle asperità del terreno... questa è oggi Atene... Scendo la via lastricata che si avvolge attorno alla rocca, attraverso teatri dalle forme perfette, templi sfarzosi e basamenti di maestosi edifici perduti per sempre... basi di colonne spuntano tra ciuffi d'erba arsi dal clima arido e dal tempo che scorre inesorabile... Percorro la Stoà di Attalo, con la sua lunga teoria di colonne, ricostruite dall'uomo moderno in una fuga prospettica vertiginosa che si risolve laddove i resti di una statua della dea Atena si ergono in equilibrio precario; in un locale sono raccolti i famigerati ostraka, con i nomi di personaggi illustri, impressi nei libri di storia... “Temistokles” appare graffiato da mani incerte, a tratti netti e linee spigolose: la città, superba e sprezzante, divorava i suoi figli più illustri, la ruota del destino girava vorticosamente e non guardava in faccia nessuno... Al tempio di Zeus Olimpio una colonna, abbattuta da un fulmine, giace distesa sul terreno: ai miei occhi appare impressionante e commovente allo stesso tempo, in quest'immagine forse c'è tutta la storia della città... Mi immergo nel traffico, nel viavai degli Ateniesi, attraverso giardini e piazze affollate, arrivo dinanzi allo Stadio Panatenaico. Sul marmo sono scolpiti i nomi delle città che hanno ospitato i giochi moderni, un cancello ferma la mia corsa... certo, è un po' retorico ma forse davvero in questo luogo ancora arde nascosta la fiamma dei giochi olimpici, quel fuoco che fa sognare... penso alle manifestazioni dei mesi scorsi, a quando mi sono trovato a Londra, avvolto da urla di protesta ed ipocrisie: quelle immagini sembrano qui un po' più lontane... penso a Baldini, che quattro anni fa qui vinse l'oro più bello, immagino gli spalti gremiti al suo arrivo, il fremito di un'emozione senza tempo, l'ebrezza della vittoria... un ragazzo arriva e depone un paio di scarpe da corsa proprio all'ingresso e, veloce come è arrivato, se ne va; chissà se ci sia un significato più recondito – magari una promessa – dietro questo gesto semplice e curioso... Mi allontano a fatica... percorro strade mentre il sole tramonta... e cammino, cammino pensieroso... torno all'Acropoli, salgo sull'Aeropago: su queste rocce i potenti del tempo decidevano destini di uomini e città... ora turisti si arrampicano ad osservare la città, coppie di ragazzi si stringono in un tenero abbraccio. Il cielo si tinge di viola, i fari si accendono e poco a poco illuminano d'oro le pietre modellate, testimoni impassibili delle vicissitudini umane...


(picture from the web)

"Amiamo il bello, ma con compostezza, e coltiviamo il sapere, ma senza debolezza;della ricchezza ci serviamo più per opportunità di azione che per vanto di discorsi; la povertà poi non è cosa vergognosa per alcuno ad ammettersi, mentre è cosa più vergognosa non evitarla nei fatti."

(Epitafio di Pericle - Tucidide)


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