Sento che la costa è vicina, sento che la Normandia è vicina, questa terra da cui sono passato, anni fa. Un centinaio di chilometri. Idealmente, la frontiera lambisce questa città. Molti di meno, invece, i chilometri dal confine, a nord. Eppure, è già un altro mondo, un'altra lingua, un altro cibo. Le città di fontiera sono così. Mescolano, fondono, incontrano, tanto che resta indefinibile saper dire dove ci si trovi. Spesso, città così hanno pure due nomi molto diversi. Sotto una pioggia fina e pungente che sembra quasi nevischio. Troppo, a metà agosto, per quanto sia un altro clima. Ecco, mi inoltro tra le strade tortuose della città vecchia in quegli sprazzi di sole, spezzando il pane caldo appena sfornato, girando tra libri usati e cianfrusaglie in vendita sotto un porticato. Ecco, che dalla pioggia mi rifugio in un museo che nasconde ricchezze inaspettate. Ecco, infine, una nuova tragua di sole, dietro le nubi che arrivano dall'Atlantico, cupe e fredde, una domenica di ferragosto. Si riflette sui vetri, quelli delle finestre che in sequenza sfilano al primo piano delle facciate in stile fiammingo, ma lungo linee e piazze che si aprono dietro a vicoli che sembrano ciechi. Ciottoli, in terra, qualche pozzanghera, e nubi, nel cielo.
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