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Immagine del redattoreoytis

Epilogo - Il deserto dell'Anima


 

"...Cinggis-qagan mosse incontro ai Naiman così dicendo: "Ci batteremo anche se dovessimo passare attraverso i pruni di acacie selvatiche; anche se dovessimo schierarci in mezzo a un lago; anche se dovessimo farci strada a colpi di sgorbia!"..."



Ho deciso di scrivere di me, lungo questo viaggiare interminabile. Impossibilie parlare di strade, in questo paesaggio dove una strada é una linea precaria e quasi invisibile, una pista rugosa che fa sobbalzare e che solo occhi esperti possono individuare. Non posso evitare che questo deserto si rifletta dentro di me, come uno specchio che i chilometri interminabili mi pongono dinanzi, come il riflesso del finestrino attraverso cui osservo il mondo là fuori, lenta, continua variazione. E non posso evitare di sprofondare in profondi silenzi, a tratti, quando non c'é molto da dire, o forse non verrebbe niente da dire, vagando con gli occhi su queste distese senza limiti, talvolta crollando di stanchezza.



Non ne sono sicuro, ma credo sia stato il nome. Ogni tanto la osservo, seduta di fronte a me, chiedendomi se sia una ragazza che mi piace. Il nome, quello mi rimanda a tanti ricordi e molte emozioni, spesso vissute in silenzio. Un po' come adesso, in realtà. O forse é ciò che fa, la macchina fotografica, gli interessi a casa così come qui, lungo un viaggio interminabile ed una voglia di osservare e di stupirsi che é come una ventata fresca. Anche se poi non sempre mi trovi in linea coi modi. Così ogni tanto mi fermo a pensare, e magari tornare indietro, a quel nome, tanti anni fa, che in qualche modo nel profondo é rimasto inciso da qualche parte. Ingannandomi in una rete ideale di immagini incompiute. E chiedendomi, di tanto in tanto perché mai, nel mio essere silenzioso ed invisibile, quasi mai nessuno abbia provato interesse per la mia macchina fotografica, per le mie passioni, per come sono.



La vita é violenta. Stavo osservando la scacchiera, coi pezzi mezzo caduti, e questa persona, parlandomi, usciva con questa frase. Non so se si riferisse alla vista di questi villaggi, o più ancora a storie provenienti dall'India. E proprio dell'India questa frase che suonava quasi come una sentenza per come me la aveva pronunciata si é improvvisamente rilevata una chiave di volta. Ho pensato immediatamente alla difficoltà che avevo nell'accettare ciò che avevo davanti, soprattutto i primi giorni, e ad un incontro in un villaggio sperduto e ricco di colore con una signora inglese che si spostava da sola su una rotta simile alla mia. Ho raccolto in un istante infinite immagini e le ho osservate di nuovo. Sentendomi non di meno colpevole rispetto ad allora della mia fortuna.



Non é un modo di viaggiare nel quale mi trovo. Scendono come una mini marea di fotografi professionisti e senza troppi pensieri entrano in una casa, puntano un bambino, fermano una persona ed iniziano a fotografare. Poi, come sono venuti, se ne vanno. E' qualcosa che mi lascia perplesso. Così come mi lascia perplesso il distacco per le cose. Dentro di me é come se non fossero andati davvero troppo lontano, nei modi ora, e nei giudizi poi. Anche se in realtà non so come sia io, come venga letto agli occhi degli altri. Ma a volte mi sento a disagio, ed altre mi sento legato, rispetto a questo procedere un po' blando che sembra quasi voler soltanto marcare una casella e poco interesse oltre il minuto.



Ogni tanto, attraverso il finestrino, vedo momenti sbagliati, piccoli crocevia che col senno di poi continuo a giudicare coi se e con i ma. Una strada che non porta lontano, in realtà. Ma ogni tanto ritornano, ad affiorare nella mia mente. E non so se sia una sera d'estate, una decisione d'inverno, cose legate all'università, parole feroci che mantengo scolpite nel cuore. Ricordi così, che sembrano riflettersi casualmente in un deserto dagli infiniti volti. Tuttavia, mi osserva in maniera feroce. Non so se sia il mio carattere. Probabilmente. Ma in qualche modo, tutto questo mi ha portato qui, nel bene e nel male. Anche se non parlerei di rimpianti o rimorsi. Eppure ogni tanto qualcosa viene a galla, tra amarezza e malinconia, che non potrei poi definire.



Non so se un viaggio del genere sarebbe stato accettabile. Alla fine, lo ammetto, fisicamente era troppo anche per me. Non so se le aquile ed i loro cacciatori avrebbero almeno compensato per questo. Ed allora, probabilmente, meglio così. Anche se ancora una volta mi sono trovato in viaggio da solo e mi domando spesso chissà se sarà mai differente. C'é in questo una certa stanchezza ed una certa paura, specie prima di partire, ogni volta di più che mi sforzo di oltrepassare. Perché poi, ad un certo punto, vorrei anche che fosse diverso, che fossimo in due, che potessi condividere insieme a qualcuno queste avventure.



Ho trovato la semplicità di questo luogo disarmante, a tratti sconvolgente. Tanto da risultarmi più di una volta praticamente estranea. Nell'immensità dei luoghi e nel modo di vivere della gente, così come nelle relazioni umane e nelle aspirazioni. Tanto da rendere difficile la comunicazione, da parte mia, o nostra, anche quando si trattava di purà curiosità o voglia di conoscere. Forse per questo motivo, per quanto lento, questo viaggio mi é sembrato comunque percorso di fretta. Non so se questo sia stato anche un tuffo nel passato, o forse sarebbe meglio dire alle origini. Ho potuto osservare il cielo come difficilmente avrò ancora occasione di fare, combattendo il gelo notturno del deserto per osservare una volta che ormai abbiamo perduto, ma che proprio quella semplicità mi permetteva di apprezzare come non mai. Ho cercato di raccogliere immagini come ritratti, perché ne ho avuto la possibilità, e cercato di apprezzare il paesaggio per come si presentava davanti ai miei occhi, anche quando mi faceva sprofondare sull'orlo di un precipizio.



- Route to Tuvhken Monastery - "The second path of wisdom To sanctify body, speech and mind By taking refuge in the Buddha, Dharma and Sangha To be absorbed in wholesomeness..."


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