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Immagine del redattoreoytis

Dieci anni dopo, ritrovare se stessi tra i marmi di Atene


 


"...Place me on Sunium's marbled steep, Where nothing, save the waves and I, May hear our mutual murmurs sweep..."



Sono passati dieci anni. Ma sono tornato. Su questa roccia a picco sul mare, un azzurro abbagliante, un blu che é anche il nome di un colore a tempera. Chissà se all'orizzonte sbucherà quella barca, l'eco di un re canuto che osservava l'orizzonte, secoli e secoli fa. Disperato dal colore delle vele, ingannato, un giorno, si gettò nell'abbraccio di Poseidone. Ecco, qui sorge un tempio, quello che resta di una città potente, avamposto strategico, luogo di culto. Sunion, un profilo adagiato nella luce. Uno di quei luoghi dell'anima a cui prometti di tornare. Perché mi chiama, mi attira, e vorrei restare, a respirare l'aria fresca che fa risalire le onde, o quel che ne resta, là sotto, oltre un salto vertiginoso, in questo spazio e nel tempo. Vorrei ascoltare ancora quella leggenda, ogni parola che trasuda da queste rovine, ogni verso di chi si é fermato prima di me, ed in qualche modo é lasciato guardare nella propria anima. Per questo é un respiro ampio quello che mi avvolge, lascia che mi spalanchino i polmoni, in un sorriso, un grido silenzioso, un abbraccio nascosto, lontano da tutto ciò che non siano i fiori profumati che ondeggiano al vento, l'orizzonte azzurrino che si perda laddove si intravvedono altre terre, onde di mare feroci. Perché sono tornato, e mai vorrei ripartire. Ora che sono a Sunion.



Oytis. Chiama, un alito di vento che filtra tra gli ulivi. Un'eco perduta che sale dal mare. Oytis, Nessuno, il silenzio che avvolge la storia. Ancora attendo il profilo di una barca apparire all'orizzonte, da qualche parte. E lasciare che il rumore delle onde, a riva, accarezzino l'anima. Si muove leggermente, come l'ombra nera e rossa sullo sfondo bianco di un coccio di vaso. Naviga, in un mare silente e misterioso, come solo nella mente può accadere. Nessuno, Nessuno...un altro passo attraverso l'ignoto.



Forse ci sono tanti luoghi che non ricordavo. Forse, quelle immagini che non ho più, sono cambiate per se stesse, o perché i miei occhi, sicuramente sono cambiati. Le vie di Atene sono una smisurata metropoli protesa ad oriente. Ad oriente volgeva del resto la storia.

Eppure qui, su quella rocca magica che sovrasta una città sconfinata e caotica, che rende silenziose le viuzze candide e labirintiche di Plaka, su quella rocca che si illumina di sera, qui affondano le mie radici, la mia Europa, il mio mondo. Forse davvero dovrebbero ricordarsene di più anche più a nord, oltre retorica. Queste pietre silenziose trasudano storia ed emozioni, ma soprattutto trasudano idee, così incredibile che parlino una lingua tanto antica. Ed in questa magia, tra edifici immaginati, una rocca erosa e levigata dal tempo così come dalle calzature di uomini che l'hanno calcata per millenni, tra marmi scolpiti e colonnati interrotti dal sole, mi lascio guidare, invisibile come da un canto di sirena.



Ho notato con soddisfazione che i fiori erano già sbocciati, malgrado fosse ancora metà marzo. E gli ulivi già profumavano, con il loro profilo contorto che mi riparava a tratti dal sole mi riportavano altrove, sui sentieri di Creta, sulle spiagge calde di Sicilia e fino ai pendii infuocati alle porte di Gerusalemme. Ho respirato, ancora, profondamente. Ed intanto mi incamminavo, lungo un leggero pendio, cercando di perdermi, tra sentieri accennati, voltando le spalle all'Acropoli e cercando riferimenti, più in alto. Ho accarezzato un cespuglio di foglie, mentre cercavo una mano. Per raccontare questo viaggio, e per raccontare anche un viaggio lontano e passato. In un certo senso, molto é iniziato da qui, anche questo racconto senza pause. Ho ricordi e pensieri, immagini raccolte e disegnate con la mente, leggende, citazioni, che affiorano ad ogni passo, ad ogni angolo verso cui decido di guardare. E così, arrivo in cima, sempre tendendo la mano. Perché possa finalmente voltare lo sguardo.



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