Basta che il sole radente tagli l'aria di un primo giorno d'inverno, filtri tra gli edifici di impronta medievale e tratteggi le sagome delle facciate decorate di ogni gilda cittadina e trasparente sfiori la superficie d'acqua dei canali che disegnano la pianta antica del bordo cittadino. Basta scendere su una barca e poterla sfiorare, l'acqua semi-immobile dei canali, attraversare arcate di ponti in pietra tesi da passamano in ferro battuto, come se si chiudessero gli occhi e subito li si riaprissero come a voler passare alla fotografia successiva. Basta che l'autunno si materializzi nella malinconia dolce ed abbandonata di una foglia distesa su una pellicola d'acqua, e lì, dal basso, osservare castelli e terrapieni, quelle case decorate, le antiche fabbriche cittadine, le birrerie e le vetrine dei negozi di cioccolato, tanto che trasborda fuso a cascata come una sequenza di fontane. Bastano le viuzze tortuose e gli angoli seminascosti. Bastano per cosa, si dirà. Per qualche ora, ed arrivare a Gent, città nobile del Belgio fiammingo, ricca e potente, cugina di Bruges, legata alla storia con l'epiteto di città ribelle. Basta per dire che magari sarebbe romantico, che é un bel posto, che magari ci si potrebbe tornare, chissà se con le luci del Natale o le lunghe giornate estive del Nord Europa, ed aspettare il cielo cambiare colore e lentamente spegnersi seguendone i colori riflessi nell'acqua, sui tavolini disposti fin sugli argini. ed alle finestre ricche di storia.
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