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Da Bath a Exter: deviazioni lungo la strada per la Cornovaglia


 


"...Cornwall, and the storm-tossed isle Where to the sky the rude sea rarely smiles Unless in treacherous wrath..."

(P.B.Shelley)



E' già passata più di una settimana da quando sono tornato. Sono seduto qui, all'angolo del giardino, con il sapore intenso di un bicchiere di vino che avvolge la mente e la penna ancora posata sul tavolo. Scrivere dei giorni passati insieme e di paesaggi meravigliosi, spezzati da scogliere a picco, rumori di onde che si infrangono lontane, o magari da massi sospesi in chissà quale modo. Scrivere delle strade, strette fino a scomparire, perché mi conducessero a castelli da favola o fari perduti tra scogli assassini. O invece villaggi incastrati sulla terraferma, silenziose voci narranti di storie di minatori o tragedie di pescatori, una tavola rotonda, il fuoco che fiammeggiava da decenni in un calice torbido di birra, a raccontare storie dove il confine tra leggenda e realtà era sempre più esiguo. In qualche modo, vorrei udire ancora quelle onde, lontane sotto di me, laddove la fine del mondo sembra a portata di mano.



E' iniziata da lontano, dove la costa frastagliata era ancora un miraggio, e così indietro nel tempo che inizialmente risuonavano eco in lingua latina e pareva di non trovarsi in terra straniera. Fumi sulfurei salivano da specchi d'acqua verdi come la pietra e quasi come una nebbia temporale sfumavano profili arcigni di imperatori e salivano verso volte marmoree candide come un abbaglio. Nell'acqua rimanevano gioielli perduti, oggetti comuni e maledizioni imprecate. Sono risalito, e quasi d'istinto ho svoltato verso una deviazione che andasse ancora più lontano. Troppo forte l'attrazione per ciò che da bambino é sempre stato un luogo magico e misterioso, uno di quei luoghi dove andare assolutamente, tanot che giungervi sarebbe stato come soddisfare la ragione di un viaggio intero. E' così che mi sono trovato a Stonhenge, attraversando foreste ed ondulazioni del terreno che erano qualcosa di talmente ancestrale da sembrare che nemmeno mi appartenessero. E come una folata di vento, tra le pietre giganti ho intravisto fuochi danzanti come i fili d'erba radenti sul terreno, ed udito parole di una lingua sconosciuta.



Sotterranei di cavatori di pietre e di contrabbandieri. Non é più così lontano il ribollire del mare, dove la costa finalmente inizia a mostrarsi, dove sento ormai di essere giunto. Clangore di pietre spezzate, perché prendano la via di una cattedrale cangiante, molti chilometri più in là, e storie accennate tra le ombre incise sulle pareti dove anime hanno scavato, dove altri hanno trovato rifugio. La costa é sempre più vicina.



Anche se non sono propriamente in Conrnovaglia. Ho trovato scogliere sempre più alte e quei paesini incastrati al termine una strada che sembra esaurirsi come un fiume che giunge alla foce. Ho cercato il primo sole che tramontava dietro un muro a strapiombo di roccia che improvvisamente cambiava colore, o la prima eco di un mare invisibile metri e metri sotto i miei piedi. E' come se li ritrovassi, in realtà, tanto era l'attesa di questo peasaggio, tanto che quel passaggio che si arrampica e si snoda seguendo il confine di terra ed acqua lo percorrerei interamente a piedi, in un lungo impossibile viaggio ai confini del mondo.



"...The golden and unpeopled bays The shadowy cliffs and sheep-worn ways The white unpopulated surf The thyme-and-mushroom scented surf The slate-hung farms, the oil-lit chapels Thin elms and lemon-coloured apples..."

(J.Betjeman)



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