25-26 Maggio 2017
"...In autumn cold alone stand I, Of Orange Islet at the head, Where River Xiang northward goes by. I see hill on hill all in red And wood on wood in a deep dye, The river green down to the bed, In speed a hundred barges vie. Far and wide eagles cleave the blue, Up and down fish in shallows glide: All creatures strive for freedom under frosty skies. Lost in immensity, I wonder who, Upon this boundless earth, decide All beings’ fall and rise?..."
Credo sia difficile immaginare chi abbia scritto queste righe. Eppure, da queste parti la venerazione del capo supremo che la Storia ha consegnato affonda radici ancora più profonde, nei suoi luoghi d’infanzia. Qui, dove le gigantografie diventano sculture giganti sulla riva del fiume e l’università è tra le più antiche della Cina. Del resto, anche il paesaggio di questi versi mi appare lontano da ogni ragionamento presente: una città smisurata, le colline nascoste e lo scorrere del fiume che davvero emerge soltanto la sera, attraversandolo lungo l’isola che vi si frappone in mezzo. Ma soprattutto, è difficile conciliare quest’immagine, e quella del suo autore, con ciò che è ora, le luci moderne di un centro pedonale, i negozi di marca aperti fino a tardi, il traffico congestionato tra strade enormi ed edifici giganteschi. Antico e moderno, quasi come sacro e profano, quando si parla di Storia, almeno di questa, dove il mondo è cambiato, rapidamente.
Non vedevo l'ora di scendere in strada. Parola magica, che aveva guidato il mio primo post, anni fa. Era come tornare ad un punto preciso. Non vedevo l'ora di ritrovare quel caos, ora che sapevo osservarlo in maniera diversa, e camminare su una linea di contatto molto labile tra ciò che era straordinario e difficile da comprendere, e ciò che era quasi routine. Siamo saliti verso la montagna, quasi in cerca di un rifugio, che affondasse nell'infanzia e nei ricordi, e mi accogliesse tra portoni vergati di sapere e sentieri che si arrampicassero verso templi silenziosi. Anche l'aria era leggermente più fresca, ed i rumori arrivavano attutiti.
Siamo scesi, dalla metro, usciti in un angolo che in qualche modo sembrava lambito dai tempi moderni. Era un'altra strada, e bastavano poche centinaia di metri a renderla unica. Tra caratteri rossi, linee di draghi ed un'ossessione esasperante per il cibo, la luce abbagliante che si rifletteva sul selciato era anch'essa, in qualche modo un fotogramma familiare. Ho ricordato ancora questa parola, quando scrissi allora. Strade cinesi. Questo era il non-luogo che per primo non potevo attendere di rivisitare.
Continuo a pensare a questo mondo ed alla sua distanza. E' un pensiero che mi ferisce, perché l'impatto che ho avuto si è mostrato chiaro dal principio. In questo mondo, mi sto immergendo, sfiorandolo, toccandolo, soltanto, probabilmente, con meno delicatezza di some sfiorerei te, tanto mi sommerge. Questi giorni saranno diversi. Negli spostamenti, nei tempi, nei modi. E questa lontananza, che grava su di me, come fosse mia. E nemmeno so come reagirò, oscillando tra il viaggio ed il racconto che lo accompagna.
"Casa mia è posta ai piedi di monti verdi. Mi piace salire sopra quei monti verdi; Ma sui monti verdi non ci posso salire: Come ci salgo mi viene la malinconia."
(He Xun)
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