Ecco, sono tornato. Le stesse calli, gli stessi paseos. E' quella sensazione strana di conoscere un luogo perché ci sei già passato, anche solo un istante. Eccomi, in quella piazza, così elegante, così uniforme. E traboccante di vita, in una sera di fine estate, anche se il sole di giorno sembra quasi non concedere tregua. Ancora di più questa volta. Sono investito da questa marea, di voci, di ombre che si muovono, scivolano, si perdono, tutto intorno, nelle strade affollate e nei ristorati come nei locali, traboccanti di vita. Ecco, mi muovo, verso altre destinazioni, in una città che é enorme in realtà. Nello stadio più colmo di storia, per esempio, tra coppe e nomi di grandi calciatori. Come fosse un museo, ed un pallone cucito a mano, il suo punto focale. O respirando la polvere dell'arena, quella sabbia colma di sangue, che ora tace, nel silenzio del giorno e gli spalti vuoti. Sono andato con mio papà, tra le arene ed i portoni di un museo, quello vero, quello del Prado, che trabocca della storia e dell'Oro di Spagna. Anche quando divenne cupa, nera, come la dipinse un uomo che già non vedeva più. Ci siamo seduti ad uno di quei tavoli, colmi di sapore e colori, immersi in quel calore che viene dall'azzurro del nostro mare. Tanto intenso che ci sorprende. Questa gioia di vivere, di gustare la vita. E poi, mi sono spinto verso la campagna, tra le mura di un monastero che quasi sembra un labirinto. Pitture veneziane appese alle pareti ed altre, volte elevate, colme di affreschi. Ho letto le battaglie di Spagna lungo il muri di una sala che sembrava non finire più, un lungo corridoio che mi addentrava nel medioevo, l'eco delle armature dei cavalieri, il cozzare delle lance ed i fuochi degli accampamenti: un'epoca intera si spiegava di fronte ai miei occhi. Come una pagina, una di quelle che mani pietose e pazienti vergavano tra disegni miniati e decorazioni d'oro e codici eleganti. Sono tornato, e questa città mi piace. Moltissimo. Per quello che traspira e che vive. Seduto ad un lato di quella piazza, quando é sera tardi ormai, una luna gigante é gia sorta e ciononostante stiamo ancora aspettando di mangiare. Un bicchiere colmo di vino e frutta é l'ultima immagine che porto con me. Madrid.
Anche questo, in un certo senso é un ritorno. Tra le sale del Prado per un'occasione speciale. Nell'anno delle celebrazioni del Greco, un'altra mostra ha luogo, questa volta al museo di Madrid, sull'opera del maestro di Toledo. Con un taglio interessante e particolare. Non solo El Greco, ma chi, nella storia della pittura, ha attinto a questo maestro che, dalla lontananza di quattro secoli, sembra rimanere attuale e riferimento. Tanto da sconcertare. Perché ogni movimento, ogni corrente, ha voluto e saputo cogliere un aspetto della sua arte che sapesse fungere da motore interpretativo e da fonte di ispirazione. I maestri dell'Ottocento lo studiavano nelle sale dei primi musei, copiavano schizzi, coglievano gesti o colori. Poi venne il Novecento, la frammentazion delle forme, dell'arte. E quelle figure ch parlavano da così lontano sono divenuti volumi, composizioni, espressione. Perché é questo, a mio parere il messaggio più profondo di questo allestimento. Che egli seppe catturare l'impalpabile, fosse questo il sogno o il lato più recesso dell'animo umano, e lo seppe narrare con una potenza narrativa sconvolgente. Attraverso i colori, o le forme, gli occhi dei suoi personaggi, attraverso uno stile che lo rende sempre immediatamente riconoscibile. Su questi paralleli, si muove l'allestimento de "El Greco y la pintura moderna", talvolta estremamente immediati, talvolta forse un po' forzati ai non addetti ai lavori, facendo luce a suo modo su tutta la modernità di quest'uomo vissuto quattro secoli fa.
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