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Chapter 4 - The Maharaja's Land and the Silk Road : Dune di sabbia, pieghe dell'anima


 

16,17 Novembre 2015



Viaggiamo verso ovest, e verso il confine. Sempre più di frequente, ai lati della strada si riconoscono ingressi nascosti a basi militari. Una tensione silenziosa lentamente cresce, lungo questa strada che non è altro che una linea semidritta lanciata nel deserto. Il nostro guidatore mostra sul ciglio i cavi che arrivano alle varie basi disperse qua e là. Questo territorio, cui sono rimaste in dote dalla Storia povertà ed arretratezza, è luogo strategicoe di confine. Anche se la linea di separazione col Pakistan rimane un'entità lontana. L'esercito è potente e temuto, oltre ad essere una carriera remunerativa. Per me, l'immagine più bella e ripetitiva è scorgere gruppi di bambini lungo la strada che, a volte anche vestiti delle loro uniformi appena accennate, si dirigono a scuola. Il nostro guidatore, che viene dalle montagne del nord, un luogo che tutti gli Indiani che ho incontrato e che sono nativi di là raccontano come un mondo diverso e più gentile del resto del Paese ci narra anche del suo amore per le piante e la natura. Accosta la macchina, di tanto in tanto riconosce un arbusto, ne raccoglie i frutti. E per ognuno ci spiega l'uso terapeutico, il sapore, e le sue preferenze. Il suo amore per queste cose semplici e vitali è profondo e sincero, così come il desiderio di condividerlo con noi. A volte quasi frena di colpo, perchè il suo occhio allenato ha scorto dietro un paesaggio arido e stepposo il movimento di un animale o la traccia di un'attività umana. E poi riparte, lungo una linea che sembra infinita.



Narra la storia che un giorno il governatore di Jaisalmer, uomo potente e crudele giunse qui, in questo angolo di deserto che mutava in oasi. Assetato, si riposò nelle vicinanze di un pozzo e ricevette da bere da una ragazza del posto. L'uomo rimase colpito dalla bellezza della ragazza. Ne chiese la mano, ma la ragazza rifiutò. Il governatore si trovò nudo del proprio potere, ma non della propria arroganza. Andò dal padre, mostrando la stessa richiesta e, ricevuto un rifiuto, si diresse al capo del villaggio, al quale la propria richiesta si trasformò in ordine: se non avesse avuto in sposa la ragazza entro tre giorni, il villaggio sarebbe stato cancellato come un disegno sulla sabbia del deserto ed i suoi abitanti, pastori e mercanti, sarebbero stati sterminati. La notte scese e solo il cielo illuminava la terra. Gli abitanti del villaggio si prepararono e silenziosi come il vento, invisibili come le done, si mossero e sparirono, lasciando abbandonato il loro villaggio. Pietra calcarea, case fresche ed areate. Nelle pareti, sul pavimento, si scovano ancora le buche dove veniva conservato il cibo o dove venivano nascosti i denari. Non rimane altro che una lunga rovina, un labirinto di pietre che accennano strade ed edifici in ogni direzione, oltre le volute eleganti di una finestra scolpita. L'acqua si è ritirata. E chissà che di notte qui non si aggirino spettri danzanti sulle note di un flauto suonato da un imbonitore randagio. Solo qualche pastore cammina lungo la strada sterrata che conduce fino a qui, magari varca la soglia che era la porta d'accesso al villaggio. In cerchio le pecore si raggruppano al centro della strada, testa contro testa. Una scena comica e curiosa. E come ogni leggenda, anche le loro orme vengono cancellate dalla sabbia del deserto.



Credo che conterò le stelle. Nel silenzio che accompagna questo buio profondo, nel quale voglio andare alla deriva, lo sguardo non fa altro che lasciarsi catturare dalla tela infinita che lo sovrasta. Magari, semplicemente, le osserverò. Magari, anche, ogni tanto muoverò le braccia, per disegnare qualche figura che riesco a riconoscere, cercando di afferrare l'infinito. Cercando a tutti i costi di non lasciare che gli occhi si chiudano, cedendo alla stanchezza. Perchè so che questa notte soltanto potrò gioire di tanta bellezza. Lentamente, l'aria diventa più fredda, quasi pungente, e coperta dopo coperta so che serviranno tutte per la notte. Rannicchiato, non resta che il volto esposto al deserto. Con la mano tasto un'ultima volta la sabbia ormai fredda. Silenzio. E qualche rumore lontano, remoto, come se non appartenesse al mio mondo. Illusione. A tratti, mi sembra di udire il suono della legna che brucia, piccole sterpi strappate al deserto per accendere una luce e rubare un alito di calore, dietro una duna. Ed ancora più lontano, crepita un fuoco alto attorno cui ci si riunisce tastando un bicchiere di chai e si viene risucchiati in un giro di danza, movimenti vorticosi mantenendo un equilibrio precario, veloci come le scintille che salgono attorno alla fiamma. Sovrappongo immagini, una dopo l'altra, tante e così intense, che raccolgo, dalla giornata che si sta consumando, dai giorni passati, dalla mia vita. In ordine sparso, come una catena le cui maglie conservano una legge indecifrabile ed imprevedibile. E mi lascerò sciogliere in un tenero abbraccio, che mi riscaldi come fiamma di fuoco; e, come una canzone lontana, una voce mi cullerà dolcemente su note sconosciute, parole incomprensibili accompagneranno i miei occhi a chiudersi.



Don't ask from where I have come My home is far, far away Why do you wander so far Wander so far, wander so far


For the little bird flying in the sky For the blue brook running in the mountain For the broad meadow green and wide I wander, wander so far


Then, is there more? Yes, for the Olive tree of my dream Don't ask from where I have come My home is far, far away Why do you wander? Why do you wander so far? Far, far away For the Olive tree of my dream

Don't ask from where I have come My home is far, far away Why do you wander so far Wander so far, wander so far




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