Stendi il trucco. Colori vivaci, sul viso, come sui vestiti, come per le strade. Dipingi la pelle, gli occhi nascosti. Bambino o adulto, per qualche giorno sarà così. Una maschera emerge sul volto, con cui diventa un tutt'uno il doppio che nasconde. Certo, ci sarebbe molto da scrivere sulle maschere. Ma queste sono gioiose, dichiaratamente sfacciate, ostentatamente un gioco di partecipazione collettiva. Ed allora, forse un po' strano, ma all'obiettivo quei volti sembrano più vicini, più semplici a lasciarsi catturare, anche se poi la storia che raccontano é trasformata dai loro stessi colori. Come a dire che una storia c'é sempre, anche quando si tratta di un sogno. Alcuni nella bellezza semplice e straordinaria che emerge anche dietro uno sguardo ed un telo di trucco, altri nella bellezza del sorriso largo che li illumina. Sfilano, volti illuminati da sorrisi e sguardi un po' corrucciati un po' perplessi dei più piccoli. In un mondo rovesciato, come vuole la tradizione. Sentita da tutti, ma tutti letteralmente, da queste parti, tanto che gli occhi estranei fanno fatica a comprendere, almeno fino in fondo. Almeno, anche per me, che da qualche anno osservo questa carrellata itinerante di un mondo onirico che sfila per la strada sulla quale cammino. E d'improvviso mi immagino dentro una cornice dai bordi sfocati, colori di seppia ed un alito di vento che porta alle orecchie il rumore di quest'armata in lontananza. Si avvicina. Forse é per questo, per fermare nella realtà almeno alcuni dei suoi protagonisti, che con il teleobbiettivo puntato scruto i volti alla ricerca di uno sguardo che mi illumini o di un gesto semplice che mi sfiori l'animo.
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