"...In Transilvania vivono quattro nazionalità diverse: al Sud, Sassoni, cui si mescolano i Valacchi discendenti dei Daci; Magian a ovest, e Szekely a oriente e a nord. Sto recandomi tra questi ultimi, i quali si affermano discendenti da Attila e dagli Unni. E può essere benissimo, perché quando i Magiari conquistarono il paese nell’undicesimo secolo, vi trovarono già stanziati gli Unni. A quanto ho letto, non v’è superstizione al mondo che non si annidi nel ferro di cavallo dei Carpazi, quasi fosse il centro di una sorta di vortice dell’immaginazione..."
Sicuramente, non sarà come Jonathan Harker che sono arrivato, nel libro più evocativo ed immaginario, non scendendo da nord dopo un lungo viaggio in carrozza, ma questo viaggio lo desideravo ed attendevo da anni, per entrare nel mistero di un nome che ha origini antichissime, ed attraversare i recinti naturali che nascondono questa regione. Non so esattamente cosa cercassi, cosa mi aspettassi, se non - forse - tanta storia, un angolo di Europa un po' fuori dal tempo, e paesaggi al tempo stesso inquietanti e di dolce bellezza. Ancora, appena tornato, non so descrivere le mie suggestioni, sopraffatto dai chilometri percorsi per strada, uno sguardo fuori dal finestrino, magari oltre un nuovo tornante o una salita impetuosa. Ancora raccolgo frammenti di tempo perduto, dove l'orologio sembra scorrere più lentamente, allontanandomi dal ritmo cui sono abituato. Tutto, a poca distanza, nel cuore dell'Europa, un po' protetto, un po' isolato da quelle montagne un po' cupe che nascondono creature malvage ed animali realmente pericolosi. Ho rallentato, come questo luogo mi imponeva di fare.
"...One longs for news from the buried ruins of some stronghold miraculously untouched since Batu Khan set fire to it, the trove, perhaps, of some Transylvanian forester digging out a fox or a badger and suddenly tumbling through the creepers and the roots into a dry vault full of iron chests abrim with parchments..."
Questo é stato un luogo di battaglia continua. Ogni guerra, ogni scontro, sono cicatrici lasciate a memoria, sui libri di storia, magari spesso pure tra pagine un po' polverose e dimenticate, e sulla roccia su cui ogni muro fa angolo. Questo era il confine dell'Europa, , una linea mobile su cui si riversavano i Mongoli ed i popoli dell'Asia Centrale, da est, ed il mondo turco ottomano, da sud. In questo luogo, ogni collina é sorvegliata da una fortezza, nuda e giallastra contro un cielo deserto, castelli sorgono ad ogni guado, e la chiesa di ogni villaggio é essa stessa cinta da mura spesse che ne fanno una vera e propria fortificazione colma di alloggi a nido d'ape, e sistemi difensivi. Una volta chiusi i battenti, là fuori, doveva essere devastazione feroca, mentre all'interno si alzava il terrore. Nel silenzio e nella pace di questi luoghi, oggi, risuonano le eco di un passato cruento, quando la vita doveva essere difficile e la frontiera era sempre pericolosamente vicina.
"...Un vecchio alto, accuratamente sbarbato, ma con lunghi baffi bianchi, vestito di nero dalla testa ai piedi, senza una nota di colore in tutta la persona. Teneva in mano una antica lampada d’argento, la cui fiamma ardeva senza un tubo, né un globo di sorta, e proiettava lunghe, tremule ombre mentre oscillava nella corrente della porta aperta..."
Alla fine era un cavaliere, anche lui. Non meno crudele nelle vittorie, non meno feroce nella battaglia, di ogni altro, fosse nemico o alleato. Eppure la penna, oltre la storia, per coincindenze e suggestioni, lo ha reso immortale. Non importa che questo sia comunque un altro luogo. La scenografia é spettacolare: il castello incombe sulle case, sulla mia testa, un'ombra che si allunga mentre si avvicina la notte, e le luci dei negozietti che nel presente costeggiano l'accesso al castello a poco a poco si spengono col loro colore. Io sono arrivato. Ed in un certo senso, questa notte sarà lunga, alimentata dalla fantasia e dall'immaginazione, ma anche perché, nella realtà di questo mio viaggio, non avrei potuto immaginare una sosta migliore, a fine giornata, lasciandomi sprofondare nel silenzio di una notte transilvana, nelle sue ombre e nella sua quiete, abbandonandomi ad un sonno di innumerevoli suggestioni.
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