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Un'altra Patagonia: Bariloche e Los Siete Lagos


 


30 Novembre – 2 Dicembre 2016


Tronador significa ‘tuono’. Tronador è il rumore del ghiaccio che si spezza e si dissolve in una nuvola compatta mentre frana verso valle. Tronador è il suono che mi accompagna mentre cammino, mi fa alzare lo sguardo, alla ricerca in qualche punto di quel ghiaccio distrutto. E’ una delle mie ultime variazioni di blu, quelle infinite che ho raccolto finora. Anche quando, complice i detriti lasciati nei secoli dall’azione di un vulcano fanno sì che il mio ultimo ghiacciaio sia ‘nigro’, nero come il carbone. Ultimo ruggito meraviglioso di questa natura indomata, così come si è presentata ai miei occhi.



Dalla pampa a delle esplosioni di fiori: un giallo intenso presente ovunque, eppure clandestino, pianta straniera importata dagli Europei. E nascosti, silenti, allungati, lungo una strada di montagna, si lasciano laghi, il profilo andino, il confine col Cile. In questa colonia, che sembra un angolo alpino, un incrocio tra paesaggi svizzeri ed atmosfera bavarese, e chissà quale piega della Storia sia riuscito a nascondere.



"...Il sole tramonta a ovest, si inabissa nel Pacifico, e i suoi ultimi riflessi proiettano sulla candida pampa l’ombra del Patagonia Express che si allontana in senso contrario, verso l’Atlantico, là dove iniziano i giorni..."


Ancora una volta, ero in errore. Ho pensato a Puerto Natales che non avrei più visto un cielo del genere. Forse non lo stesso, ma quest’ultima sera, scendendo per le strade di San Carlos de Bariloche, ho ritrovato quel cielo tinto di sangue. L’ho trovato mentre dipingeva il profilo delle Ande, oltre il lago, verso quella frontiera scomparsa che idealmente per me è rimasta segnata da qualche parte nella Terra del Fuoco. Come una musica fatta di silenzi, di suoni inghiottiti dalla forza de vento, questo è il mio ultimo sguardo verso di essa.


Sempre è commovente il tramonto per indigente o sgargiante che sia, ma più commovente ancora è quel brillio disperato e finale che arrugginisce la pianura quando il sole ultimo si è sprofondato. Ci duole sostenere quella luce tesa e diversa, quella allucinazione che impone allo spazio l'unanime paura dell'ombra e che cessa di colpo quando notiamo la sua falsità, come cessano i sogni quando sappiamo di sognare.

(Afterglow – Jorge Luis Borges)



Calafate non è solo il nome della città più vicina al ghiacciaio Perito Moreno, ma è soprattutto il nome di un frutto che cresce in Patagonia, una via di mezzo tra delle bacche e dei mirtilli. La gente del luogo lo usa per ottenere distillati e marmellate. Ho trovato questi mirtilli selvatici lungo le rive di un lago, laddove uccelli di ogni tipo planavano e decollavano in uno sciame continuo. La voce perduta delle leggende dice che una volta mangiate, queste bacche assicurino il ritorno lungo le strade della Patagonia.



Il mio racconto termina qui, su una lunga pedalata fatta di sali-scendi, pendenze e sbuffi di vento. Ed aperture improvvise di laghi, acque cristalline, ed i picchi ghiacciati in lontananza. Con un occhio all’orologio, che non manchi la partenza. Ho ancora poco, per guardarmi indietro, per raccogliere immagini e soprattutto pensieri, di un luogo che era un sogno già evocato dal solo nome. Ed un tassello in più del mio animo, segnato da un senso di inquietudine e paura, i primi giorni, che ha rischiato di far saltare tutto e mi è costato non poco. Sarebbe stato un peccato, davvero, un’occasione colpevolmente mancata, ed un desiderio tradito. Anche se non sempre i miei pensieri e le mie immagini si sovrapponevano esattamente con le mie aspettative e la mia immaginazione. Infinite variazioni di blu e straordinari cieli di Patagonia: se è difficile narrare lo spettacolo che la natura ha ingaggiato con me in questi giorni, questo è stato il mio filo conduttore e questo sarebbe idealmente il titolo raccolto per i miei appunti di viaggio. Quello che rileggo adesso, mentre scrivo, sotto una nuova luce che forse ne risalta maggiormente la forza e la distanza. Qualcosa che già, inizia a mancarmi. Ed aspetti nuovi di me lungo una strada che, nella realtà, prosegue ancora, chilometri e chilometri.


"...Non ero solo. Non sarei stato mai più. Coloane mi aveva passato i suoi fantasmi, i suoi personaggi, gli indio e gli emigranti di tutte le latitudini che abitano la Patagonia e la Terra del Fuoco, i suoi marinai ed i suoi vagabondi del mare. Adesso sono tutti con me e mi permettono di dire a voce alta che vivere è un magnifico esercizio."



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