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  • Immagine del redattoreoytis

Amazonas


 

Ho preso questa deviazione, un bus nella notte che mi porterà lontano dalle montagne, verso un sistema completamente differente, dove scendendo laria calda ed intrisa di umidità mi sopprime al primo respiro. E' una deviazione inaspettata, frutto di giorni improvvisamente senza un perché. E così, sono sceso di quota, e sono arrivato dove non avevo immaginato. Davanti a me si stendeva apparentemente immobile un fiume enorme color della terra, che si faceva strada attraverso un intrico sterminato di foresta pluviale. Qui inizia il bacino amazzonico, o almeno uno dei tanti suoi affluenti, e questo é un mondo nuovo e straordinario che si spalanca ai miei occhi, io che non avevo mai visto qualcosa di simile. Tra emozione ed un po' di apprensione. Questa sarà un'avventura inaspettata quanto incredibile.


Oltre quella muraglia di verde: oltrepasso l'ingresso, e bastano pochi passi perché la luce cambi, la temperatura si abbassi ed una cattedrale di verde e di legno mi sovrasta, con la sua enorme imponenza, tronchi giganteschi che si ergono dal profondo della terra creando una volta la cui altezza lascia salire le vertigini. Seguo un sentiero tracciato attraverso i giganti, e scanso le liane che pendono da un appoggio a cui lo sguardo non riesce ad arrivare. E sollevo i passi per poter scavalcare le radici che sinuose si protendono nel terreno, ampie come vele, come braccia che potrebbero cingermi. Cercando nel frattempo di scorgere quei movimenti che dal profondo fanno tremare un ramo o sollevare il fracasso di rami spezzati. Mi inoltro in questo mondo che favole da bambino hanno cercato invano di descrivermi per quello che sono veramente. Ed infine, al termine del sentiero, attraverso un ponte sospeso nel vuoto. Là dove il cielo torna ad apparire e questa foresta vista da una nuova prospettiva diventa una distesa di verde sgargiante senza confini, un polmone animato che nel suo ondulare sembra respiri, ritmicamente, in assonanza col mio petto. Questi alberi sono bellissimi. Con un cambiamento repentino ed improvviso, ha iniziato a piovere. Di quella pioggia densa che satura l'aria di umidità. Ho ripercorso quello stesso sentiero in direzione inversa, sotto le ali di quegli stessi alberi giganteschi e mastodontici, osserando nuoamente quelle radici che sambreno tentacoli in movimento. La luce, quella cambiava nuovamente, mentre la foresta continuava a respirare, profondamente, e quella pioggia mi bagnava il viso, impregnava i vestiti, si mescolava al sudore. Senza fretta, ho cercato di afferrare ogni goccia, affondare ogni passo.


La notte sale in fretta, dopo il tramonto. Qui dove l'elettricità arriva ad orari ristretti, tutto é piombato in fretta nel buio. Mi avvio verso l'imbarcazione seguendo le ombre dei miei compagni di viaggio, scendendo gli scalini ripidi sulla riva del fiume. Il fiume. E' una distesa nera e silenziosa, che pare densa come il petrolio. Scivola lenta, la barca affiancando la riva, col guidatore seduto in fondo che segue alla lettera le indicazioni mandate all'altra estremità dal suo compagno, in piedi sulla punta, un occhio allenato che trapassa la notte e che muove velocemente il faro di una torcia. Segnali morse luminosi. Ed ancora silenzio. Occhi crudeli osservano immobili il nostro passaggio. Seminascosti a bordo dell'acqua, le fauci spalancate, magari, in posizione di difesa. Altrove, invece, come piccole gemme, sono gli occhi brillanti di piccoli uccelli aggrappati ad un ramo che in qualche modo rimane sospeso sull'acqua, sopra le nostre teste. La notte non avrà i nostri occhi ma é piena di vita, e pulsa nascosta dal silenzio vuoto ed immobile come l'aria che mi circonda, chi pronta all'attacco, chi magari semplicemente alla ricerca di un po' di rinfresco al termine di giornate di calura estenuante, ognuna semplicemente chiamata fuori dalla propria natura. Mi osservano, mi pare di sentirlo addosso questo sguardo selvaggio, mentre attraverso scivolando il loro territorio.


Lasciamo la barca ancorata alla riva. Ed i pochi metri prima di trovare riparo sotto la spessa coltre di alberi e felci sono quasi una prova del fuoco per il calore improvviso che si condensa sulla riva scoperta del fiume. Ancora una volta, un passo dentro l'ignoto, un paesaggio che sembra un artone animato in movimento, accompagnato da farfalle giganti che nel momento in cui spiccano il volo svelano un manto turchese sul dorso. Deviamo, entro un groviglio di rami spezzati, fino a raggiungere una radura di alberi dalla forma curiosa. Immobili, anche loro, come la cappa d'aria colma di acqua, sotto un gielo grigio ed incolore. Ci fermiamo cercando con gli occhi il suono che stride tra gli alberi, li scuote, ed infine si libra in volo esplodendo colori e piume. E' così nascosto da lontano, tra rami di piante che sono alti il doppio di me ed alberi deformi che finalmente vedo i macau per la prima volta. E, credo, anche se sembrerà strano, tra tutti gli animali, erano questi quelli che desideravo vedere di sicuro.



Deviamo ancora, laddove l'intrico é ancora più denso, ed i rami fragili vibrano percossi da passi agili e balzi pirotecnici, ed una miriade di sguardi arguti, di disarmante intelligenza, si scambiano uno con l'altro in questa danza alla ricerca del cibo, nell'espressione di gesti quasi umani, si nascondono, riappaiono, balzando tra i rami, improvvisamente emettono grida che in qualche modo fanno tremare il sangue. Qui, come altrove, al centro di un'isola arsa dal sole, dove la leggenda popolare dice che l'isola delle scimmie é popolata da primati abbandonati dagli uomini, una volta che questi, cresciuti, fossero diventati troppo dispettosi. Di specie diverse, di dimensioni differenti, le scimmie sono una presenza costante di ogni angolo che mi sono trovato ad esplorare, sempre sfuggevoli e curiose allo stesso tempo, opportunisticamente attratte dal cibo e, osservate nei loro gesti, tremendamente familiari al nostro essere.


La piccola imbarcazione scivola lentamente. Si apre, quasi a fatica una via, tra un intrico di rami pendenti, radici che affondano nell'acqua stagnante ed uno sfondo denso come un muro impenetrabile. Quando la strada si apre, infine, sento di essere arrivato. Al cuore della foresta, al cuore della bellezza di questo luogo, di questi giorni. Un colpo lento di remi. Un lago immobile, circondato da una corona di alberi sconosciuti, impettiti uno a fianco all'altro nel loro slancio verso il cielo. Il resto é silenzio. Tanto che si ode chiaramente il movimento dell'acqua spostata da una nuova, leggera, pagaiata. La canoa scivola, con la delicatezza che ispira la fragilità dell'equilibrio di questo luogo. Un equilibrio perfetto ed al tempo stesso calibrato sul minimo errore. La traversata di queste acque, che una lieve coltre di vapore ed i riflessi atonici del cielo plumbeo rendono un passaggio mistico, sembra un inno alla natura. Perché dalla riva indefinita da un groviglio di vegetazione che sprofona nel mare, infiniti occhi mi osservano, uccelli di straordinaria bellezza, altri occhi invece crudeli e nascosti tra i giunchi, altri si muovono lenti risalendo il tronco abbattuto di un albero semisommerso, altri ancora si guardano feroci in lotta reciproca per spartirsi una preda pescata dalle profondità di queste acque immobili. Non ho ricordo di aver mai visto qualcosa di simile. E' come assistere ad una rappresentazione, in cui ad ogni quadro si affacciano animali stupendi e selvaggiamente liberi dentro il loro luogo. Ancora, un leggero colpo di remi. Questo viaggio in un tempo sospeso non finirà.


Immagino che dovrei anche parlare degli uomini. Che in realtà la foresta appartiene anche a loro. Divisi in piccole comunità, talvolta ospiti - come in questo caso - delle strutture e degli spazi strappati dall'uomo moderno, altre volte invece - mi dicono - semisconosciute ed ancorate ad un passato ed una tradizione che va scomparendo, nascoste nel più profondo della foresta e nel bacino amazzonico di cui fanno parte. In una varietà smisurata di linguaggi e popolazioni. Questo mondo, il loro mondo, é irrimediabilmente minacciato. Così, a pochi passi di distanza, anche se ancora una volta la vegetazione fitta ed impenetrabile dilata a dismisura tali spazi, incontro questa famiglia dalla struttura non molto chiara che vive ospite del luogo dove mi trovo. Non saprei dire quanto autentico sia ciò che osservo, dove gesti e mestieri ancorati ad un sapere antico ed un lavoro basato sull'esperienza della foresta si mescolano con elementi moderni magari impercettibili oppure chiaramente dichiarati. Un punto di contatto, che a mia impressione si esplicita nei bambini, in una generazione messa in mezzo a questi due mondi talmente tanto distanti.


Nuovamente, il buio. E quanto é normale di giorno diventa un universo sconosciuto e pauroso. Basta alzare la torcia, e scoprire che un tronco d'albero é letteralmente invaso di tarantole. Basta addentrarsi di pochi passi nel sentiero che si immerge nella foresta per essere sopraffatti da un'infinità di rumori, ombre ed inquietudini. Quest'avventura sembra una metafora di un viaggio dentro l'ignoto, le paure, nella loro espressione più immediata: un buio profondo ed un luogo ostile. Ho pensato a Dante. Eppure so che stiamo girando attorno, ad una manciata di metri dal campo: questo filo invisibile tracciato dalla razionalità trattiene il mio pensiero. Questo, e la torcia della nostra guida. E' lui, sempre, con occhio acuto a guidare lo sguardo verso quella miriade di animali che si nascondono nella notte. Insetti curiosi, animali che popolano gli incubi più recessi ed altri che illuminati da una luce artificiale diventano un piccolo spettacolo scenografico. Rami spezzati risvegliano i sensi: l'udito diventa ancora più fino. Ed ancora, procediamo in questa oscurità misteriosa ed avvolgente, dove silenzio ed immobilità, ancora una volta, nascondono una magia ed una forza della natura tutta loro: tutto, attorno a me, si muove, respira e vive, invisibile ai miei occhi, acquattata dai miei passi che probabilmente devono risuonare come rimbombi, pronto a riappropriarsi della notte appena sarò passato.


Con una buona dose di aspettative risalgo sulla barca sotto il tepore fresco dell'alba. Perché é la mattina che i pappagalli si dirigono verso le scarpate di arenaria ed argilla per potersi nutrire. Questi volatili, che sfoderano colori sgargianti, sono quanto cerco con l'obiettivo, sempre estremamente lontani, estremamente veloci da poter essere osservati come desidererei. E difficilmente potrei ottenere le immagini che ho immaginato. Il fiume della mattina saluta un'alba dopo la tempesta, un arcobaleno perfetto e le nubi che si rischiarano diradandosi in lontananza. Questo sarà un giorno di sole. E in lontananza, su quella parete d'argilla compaiono, sempre più numerosi, i pappagalli macau, verdi scintillanti ed altri colori sgargianti, azzurro, giallo, arancione, quando sollevano le ali. Quelli rossi, ancora più belli, sono lontano, dove il fiume penetra ancora più in profondità la foresta. Ma la danza di questi volatili continua in questo primo mattino in richiami gracchianti, un movimento vorticoso che si stacca e si riaggrappa senza sosta a questo tratto di parete scoscesa di terra e roccia friabile scoperta che é la loro sorgente di vita.


L'eccezionalità di questi giorni sta nella bellezza della natura, nella sua espressione più diretta e selvaggia. E' una bellezza che affascina e mi emoziona, e che credo ognuno dovrebbe avere il privilegio e la curiosità di conoscere, anche solo per un istante, per apprezzare lo straordinario equilibrio nel quale viviamo. Un po' come avvenuto all'inizio di questo viaggio, quando con un'imbarcazione ho raggiunto le Islas Ballestas.

In ogni sua manifestazione, quando protetta e lasciata libera di esprimersi, la natura regala e lascia lo stupore come se fossimo bambini alle loro prime scoperte - perché di fatto é così - e commuove per la sua grandiosità. Anche nelle piccole cose. Gli animali che non avevo mai visto dal vivo, ed ancor meno nel loro ambiente naturale, i frutti saporiti e le radici imponenti degli alberi nel loro intrico meastoso della foresta, e l'esplosione della vita in una serie infinita di variazioni, sono una gemma preziosa che raccolgo e porto con me, nei miei ricordi e nelle mie immagini, per quanto abbia cercato i catturarne, al termine di questi giorni che già mi sembrano essere stati infiniti, fuori dal tempo, ed isolati in un punto imprecisato sulla mappa geografica, a ridosso del fiume, un pugno di bungalow in una piccola radura lontani da tutto e da tutti. Lontani da quanto avevo programmato e da tutto il resto del viaggio. Ora, che la barca mi riporta verso quella che chiamiamo civiltà, scivolando un'ultima volta sulle acque torbide ed argillose. Saluto con un cenno il guidatore dell'imbarcazione, incrocio i suoi occhi arsi dal sole, stretti nelle pieghe della pelle di uno sguardo aguzzato per proteggersi dal sole. Questo é stato un viaggio, speciale, nel viaggio.



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