Forse sarà solo la stanchezza prima di raggiungere l'ultima tappa prefissata e sono da solo, forse il caldo avvolgente che rende una grande città ancora più sovrastante sopra il tuo capo, o forse quel che si dice e trovi scritto su ogni guida, di stare attento, o forse solo autosuggestione... ma all'arrivo a New Orleans non posso non sentirmi irrequieto e a disagio. Qui davvero basta attraversare una strada, e qualche centinaio di metri possono diventare chilometri se percorsi la sera per tornare in albergo.
Ma la città è uno scrigno, nelle sue laceranti contraddizioni, un gioiello a mezzaluna avvolto attorno al lago Pontchertrain, in cui il vento sospira rimembranze europee tra le vie che, per una volta sono indicate con nomi francesi e non con dei numeri. Te ne rendi conto subito, entrando nel Vieux Carrè, il quartiere francese, costruito così come lo vedi ora dagli Spagnoli.
E non puoi fare a meno di camminare col lo sguardo all'insù, ammirando i portici e le terrazze in ferro battuto, le cui decorazioni riflettono il sole o si nascondono dietro piante rigogliose e fiori sgargianti che dai balconi calano fin sulla strada, ed I cortili interni, gioielli nascosti, che si aprono dietro queste facciate che racchiudono una storia di centinaia di anni. E' un'altra New Orleans, quella ovattata e turistica del giorno, dove scorrono litri di cocktail ghiacciati e la musica esce da ogni locale. Ed è il luogo dove ufficialmente fanno nascere il jazz... un portone consumato dal tempo, un ingresso dimesso che neanche diresti sia aperto, ed una piccola stanza avvolta nell'ombra, con al centro un palco costituito da sedie di legno ed un cappello a bombetta rivolto verso l'alto a raccogliere spiccioli... questa è la Preservation Hall!!
Non gli daresti niente, e invece ti sembra di entrare in un tempio... ma è la musica a diventare regina, a scaldare l'aria, quella colorata di rosso dalle luci soffuse e messa in moto da grandi ventilatori appesi al soffitto, ad arderti dentro, negli assoli come nelle voci rauche, a tratti gioiose, a tratti malinconiche, dei cantanti, a trasportarti via. E' un'emozione... senti la vita scorrere sulle note... le tue emozioni, i tuoi pensieri... ed al tempo stesso quel legame perticolare che si crea tra chi ascolta e chi suona... le sue storie, le sue emozioni... è diverso da quasiasi cd ti possa portare a casa da qui... e vorresti che gli spettacoli non finissero mai... Esci, e sembra un altro mondo, la sera... dove il fascino contrasta con un senso di sfrenata ricerca turistica... e percorri Bourbon Street, inondata di luci ed avvolta di ogni genere di musica che lungo la via sovrasta una sull'altra. Anche questa immagino sia New Orleans... la musica e le luci sparate nel buio, il divertimento esagerato ed i club privè, una città che non dorme mai...
Ma ci sono altre New Orleans... basta salire su un bus e lasciarsi portare nelle zone più devastate dall'uragano Katrina... e lì, lontano dall'occhio di chi passa veloce, le cicatrici sono ben presenti, con le croci nere dipinte sulle rovine di case abbandonate a segnare il livello raggiunto dall'acqua, croci incredibilmente alte... e ricostruzione che si alterna a disfacimento, degrado e desolazione... c'è chi se ne è andato, mi dicono... chissà dove, uno si domanda... qui non c'è musica ma solo silenzio, assordante accusa ad un sistema sociale impari ed alla sconsiderata sete di guadagni e disprezzo della natura dell'uomo. Gli argini, alti come uno, due piani, a nascondere alla vista quel grande fiume che distribuisce vita e devastazione, allora non hanno retto, non sono bastati...
Scendi, verso il centro, prendi la tramvia... sì, proprio quel tram chiamato desiderio... e percorri il tragitto fino al capolinea lungo St. Charles, attraverso una zona unica, in cui gli inglesi avevano ricreato la loro città, elegante ed aristocratica, fatta di ville, vere e proprie mansioni, di stile vittoriano, a contrastare la sregolatezza e la dissolutezza dell'area spagnola.
Incredibile, New Orleans... e ancora non vedi chi è rimasto indietro, chi non fa parte di questo mondo ovattato e signorile... e in realtà non lo vedrai mai, questo lato della città nascosto e silenzioso...
E poi c'è il Mississippi, enorme e invisibile... devi andare fin alla riva e risalire gli argini per vederlo, per ritrovarlo, elemento costante di questo paesaggio... e per rivivere l'epopea dei battelli a vapore, quando ancora ne solcavano le acque da dominatori incontrastati. Ed al fischio alla partenza, sali a bordo, un po' emozionato per l'idea di fare un salto indietro nel tempo, e scendi giù fino al porto, e risali la corrente, mentre i macchinari sbuffano vapore e le pale di legno sollevano spruzzi d'acqua ed affianchi rimorcatori e piattaforme gigantesche che percorrono lentamente la propria strada...
Ormai sera, l'ultimo battello illumina le acque scure del fiume, e mentre il cielo acquista le tonalità che solo la fine di un tramonto può regalargli, mi siedo ad ascoltare la voce del fiume, un'ultima volta, ed un silenzio mi avvolge... un po' malinconico, come sempre prima di andarsene da qualsiasi luogo mi trovi... le musiche urlate dei locali alle spalle sembrano un ricordo lontano, mentre le note del jazz, quelle no, riappaiono come in un sogno, si ricompongono un'ultima volta... quasi mi sembra si salutarlo, questo fiume... e nella mente torna insistente la voce di Louis Armstrong, sussurrata, spicca il volo e rimane con me...
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