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Il sole di Miami

  • Immagine del redattore: oytis
    oytis
  • 11 giu 2009
  • Tempo di lettura: 2 min

Aggiornamento: 5 apr 2020




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Il sole accecante che filtra tra le palme e la lussureggiante vegetazione tropicale, che appena esci dall'ombra hai la sensazione di andare a fuoco, ed il caldo che ti avvolge e ti arriva fino alle ossa: ecco, questa è la prima sensazione percorrendo le strade di Miami Beach per arrivare fino alla strada. E dai tetti dei locali penzolano sistemi per nebulizzare e disperdere acqua fresca che già si riscalda quando arriva a contatto con la pelle, ed i ventilatori appesi al soffitto che girano in continuazione e rendono bene l'immagine dell'aria che avvolge ogni cosa. E lungo i viali che costeggiano la spiaggia, vasta e di candida sabbia protesa verso l'oceano, passa gente di ogni tipo, corpi scultorei e gente normale, e chi fa mostra di opulenta e grossolana ricchezza, mentre lungo Ocean Drive sfrecciano limousine ed auto di lusso, accanto a macchine da corsa parcheggiate al termine di una gara.

Colori accesi e limpidi, come il cielo d'un azzurro accecante che ti obbliga a socchiudere gli occhi, mentre sui tavoli dei locali, all'ombra di facciate Art Decò, scorrono coppe giganti di coctail ghiacciati e la musica rimbalza da un luogo all'altro a richiamo continuo. Non puoi fare a meno di domandarti se tutto questo sia effettivamente reale... e intanto la sera scende, il sole filtra tra le strade inondate di gente, e le voci, i suoni si moltiplicano ed ovunque si aprono porte a negozi, ristoranti, locali, che prima non avevi notato in un frenetico movimento che sembra non conoscere sosta...


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E giù, più a sud fin alla punta dell'isola, arrivi e ti volti a seguire con lo sguardo la spiaggia che si distende davanti ad edifici imponenti, puntellata di edifici di legno per il primo soccorso e brulicante di gente... ti volti ancora e ti perdi seguendo un pontile proteso nel nulla, mentre alle tue spalle l'altra Miami, la città vera e propria, si erge pomposa nella grandezza dei sui grattacieli, la cui linea d'orizzonte è sempre pronta ad accogliere transatlantici di dimensioni non meno invidiabili e panfili dalla linea elegante e sfarzosa.

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Dietro, nascosta, un'altra Miami ancora, qulla dove “se habla Espanol”, che qui peraltro sembra essere la vera lingua ufficiale, quella di una distesa di case senza soluzione di continuità, basse, comuni, a tratti anche precariamente sospese, che scorgi venendo dall'aeroporto, la Miami meno famosa e la più silenziosa... almeno all'udito di chi di quella Miami non fa parte.

E chissà quant'altro nascosto allo sguardo, dove la vita appare più normale, probabilmente anche difficoltosa, rispetto a questo punto dove l'oceano lambisce la terra e dove tutto sembra girare al massimo, oppure terribilmente più lussuosa, sulle isole private che scorgi a malapena precorrendo uno di quei ponti giganti che collegano le due anime della città.

E più a sud, ancora, seguendo la strada, nascosta tra la vegetazione che riprende il sopravvento, raggiungi una casa sfarzosa, di altri tempi, con approdi al mare a forma di vascelli di pietra e giardini segreti, su cui si affacciano camere “rinascimentali”, bassorilievi dipinti e marmi liscissimi, dove tutte quei suoni appaiono già un ricordo lontano, e la strada (per me) riprende verso nuove realtà...


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