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Chuquicamata, la città abbandonata


 

"...Visitammo villaggi fantasma dalle case perfettamente conservate, le stanze in bell'ordine con tavoli e sedie che sembravano aspettare i commensali, e poi teatri operai, sedi sindacali bramose di rivendicazioni, e scuole con le loro lavagne nere pronte per scrivervi la lezione che avrebbe spiegato la morte improvvisa degli impianti di sfruttamento del salnitro..."

(Luis Sepulveda)



15 Novembre 2018


Il grande nord mi appare in tutta la sua crudezza dell'aereo: una distesa di roccia nuda e rossastra che muta non non lascia scampo alla vista. E' un passaggio crudele, nel giro di ventquattr'ore, via Santiago: le foreste della Patagonia sembrano già un ricordo lontano.

L'aria calda e secca del deserto arriva, appena varcate le porte dell'aeroporto, e mi accompagna nel tragitto in taxi lungo la città di Calama. Il guidatore di taxi mi dice, indicandomi la direzione che abbiamo preso ai bordi della città, che anche lui viveva là nella città fantasma, all'ombra delle cave. Osservo le abitazioni basse e piatte: ogni profilo qui evoca il deserto, in una suggestione da corsa all'oro - solo che l'oro in questo caso erano rame e minerali preziosi - ed un'atmosfera da far-west. Suggestioni. Ognuno, in questo appezzamento del deserto, ha una storia legata a doppio filo con le grandi cave she sventrano la terra ad una manciata di chilometri, ed alla città fantasma che le miniere hanno inghiottito.



Chuquicamata é la più grande miniera di rame a cielo aperto al mondo. L'uomo, vorace, già ha iniziato a scavare oltre, sotto terra, ma quanto é concesso vedere é già mostruosamente imponente. Le torte, come vengono chiamate, sono i profili che si ergono nella piana del deserto, un immenso cantiere a cielo aperto, dove mezzi mastodontici sembrano formichine al lavoro sotto un sole impietoso. In un moto continuo che non conosce sosta, giorno e notte, salgono e scendono attraverso il ventre della terra, in un circolo che sembra una sequenza di gironi danteschi, immagine in terra dell'inferno che aveva immaginato il Poeta, mentre dal fondo senza fine si alza una colonna costante di polvere e fumo. Le torte hanno divorato, in parte, anche la città dei minatori: abbandonata definitivamente poco più di un decennio fa, questo villaggio parla nel silenzio assoluto, nei cancelli chiusi ed arrugginiti, nelle piazze deserte, le altalene cingolanti, i muri scrostati, dove l'intonaco ancora resiste ad indicare che quello era un emporio, il tabaccaio, il municipio o l'ingresso del teatro. Hanno un aspetto inquietante e commovente allo stesso tempo, le città fantasma: perché raccontano infinite storie personali, un po' come la memoria del tassista, questa mattina, duro lavoro e resistenza incrollabile, ed al tempo stesso in qualche modo una sconfitta ed un dramma che lento e silenzioso, come in questo caso, o improvviso e devastante ha sopraffatto quell'indomita fatica ed ha divorato i ricordi.



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