9, 11 Novembre / 3, 4 Dicembre 2016
Inizio e fine. Ovvio, per motivi logistici. Eppure questo é il motivo principale che mi ha mandato in tilt prima di partire. Senza davvero volerlo, sono arrivato a leggere un po' di tutto su Buenos Aires, e come sempre in questi casi, si trova ogni cosa ed il suo contrario. I primi giorni li ho passati così, cercando di scemare, almeno leggermente, quella paura ed quell'allarmismo. Era giustificato, non lo era? In realtà, non lo so. Io alla fine non ho avuto problemi, ma ho incontrato persone che condividendo qualche loro storia poco piacevole a quei post mi hanno rimandato. Gli Argentini amano Buenos Aires, nel senso che chiunque abbia incontrato ne parla orgoglioso, ed orgogliosamente la evoca come la Parigi del Sud America. Sarà anche vero che ogni grande città ha le sue pecche e richiede la sua buona dose di attenzione e buon senso, ma nonostante questo, penso che il paragone non regga. Ho visto i Portenos, praticamente chiunque, andare in strada con lo zaino o la borsa ben piazzati di fronte al petto, stretto tra le braccia, e mai portati sulle spalle. Ho visto baraccopoli contrapporsi a quartieri eleganti, basta solo svoltare dall'altra parte all'uscta della stazione, tanto per fare un esempio. Ho ascoltato un venditore anziano dirmi di prendere la strada più in là sì e no 25 metri, nel darmi delle indicazioni. Cose come queste, qualcosa significheranno. E se sicuramente, guardandomi indietro, in altri luoghi, é un qualcosa che ho già sperimentato, peraltro in maniera molto più estrema, é anche vero che il contesto e l'approccio culturale possono giocare un ruolo fondamentale nel definire quella che può essere una sensazione, o qualcosa di più. Così, ho camminato con questo stato d'animo, in punta di piedi quasi, a tratti, laddove magari avrei dovuto assaporare ogni nota danzante di tango.
Ho raccolto diversi volti di Buenos Aires, per quella sequenza temporale che mi ha portato e riportato lungo le strade. E non é un caso ce abbia iniziato da una città silenzosa, recintata di mura e colma di pietre lavorate, e storie ad ogni incrocio. Nel cimitero di Recoleta si alternano storie drammatiche, lotte politiche ed aneddoti al limite dell'esoterico. E' un luoo che in qualche modo mette i brividi, perché sebbene sia uno dei più ambiti della città, alterna cura ed abbandono, bare in vista, legni spaccati e chiavistelli arrugginiti. E' anche il luogo di una città aristocratica che ha molte pieghe nel passato, rovesciamenti repentini e quella Storia che diventa via via più complicata da raccontare man mano che ci si sporge verso il presente, fino a diventare semplicemente tabù, un discorso che é semplicemente meglio evitare, senza sapere ci sia l'interlocutore.
"Ho sempre evitato di trattare il tema del carcere durante la dittatura in Cile. L'ho evitato perché la vita mi é sempre sembrata appassionante e degna di essere vissuta fino all'ultimo respiro. Per cui trattare un incidente così osceno era un modo vile di offenderla..."
(Luis Sepulveda)
Se c'era un posto in cui volevo ascoltare eco disperse, questa era Plaza de Mayo: un luogo significativo, ben oltre il sole cocente e le ombre immobili che vi trovo quando vi arrivo. Forse tra questi silenzi, tra i presidi fissi e le proteste a cadenza settimanale, tra le croci delle Isle Malvinas e manifesti colorati di tutta l'America Latina, o forse ancora dalle barriere su cui la polizia monta presidio e, tra tutti i luoghi silenziosamente segreti di questa città, rimane quello più noto. E quello che resta diventa un'eco lontana di quel poco che so da immagini ed articoli sparsi. L'ho attraversato a fianco di quel Libertador, Jose de San Martin, il cui memoriale, avvolto in una bandiera argentina, rimane presidiato a breve distanza.
Credo che di Buenos Aires, mi abbiano colpito due cose, a prima vista. La prima era gli alberi in fiore, di un blu violaceo che si disvelavano come ventagli sopra il capo, ogni volta che alzavo lo sguardo verso il cielo terso, fin quasi abbagliante. Allora, vi si stagliano come ombre cinesi ed infondono in senso di gioia. La seconda riguarda il fascino dei libri e delle numerose librerie antiche (ma anche moderne) che nascondono in città, pronte ad apparire dietro una svolta, a lato di un marciapiede. Per chi ama i libri, per chi ama assaporare il profumo della carta e magari ogni tanto immagina café letterari un po' retro e luoghi segreti tra gli scaffali, si tratta di una caratteristica della città che crea molta atmosfera.
Ed infine, scriverò di musica. Per quanto sia difficile, a volte, trovare l'anima più autentica di qualcosa che é estremamente famoso. Forse, un po', resterò sognando, aggrappato ad un'idea sognante ed appassionata, tanto da lasciar tremare, il fiato, il palpito di uno sguardo, l'aria tesa sulle note del bandoneon, ogni centimetro della pelle, vibrante, in un'attesa spasmodica e senza orizzonte. In un labirinto perso tra melodie struggenti ed attimi di fuoco, intenso, ardente, camminerò su strade nascoste nell'ombra, su archi di note sulle quali non saprò danzare, ma che rapiscono per un istante, ogni senso possibile. Si muoveranno, come il profilo di una coppia danzante, illuminata appena da una luce notturna.
"Tango Mio, te gradue en mi alma recien florencida, y te hiciste sentir entre broncas y nostalgia. Escibi para vos versos bien debutes, y con cinco guitas de amor, fui laborando por la yeca i academia superior. Arrabal Boquense sin desaliento te canto este tango farabute y a las musas munecas, per cantas. reos gallegos, tanos, rebecas y al gotan los convido a revivir a Juan de Dios Filiberto."
"Caminito que el tiempo ha borrado que juntos un dia nos viste pasar he venido por ultima vez he venido a contarte mi mal.
Desde que se fue Triste vivo yo Caminito amigo Yo tambien me voy Desde que se fue Nunca mas volvio Seguire sus pasos Caminito adios..."
Immagini sparse sono i colori pastello e le note di tango. Sparse, come cartoline che non ho mai ricevuto, ma soltanto immaginato. Ora, per un attimo, le tengo tra le mani, di sfuggita, magari, camminando avanti ed indietro per un vialetto che tutto sommato é stato all'origine di molte paure. Così, vi sono giunto alla fine, con tante immagini raccolte ed un ultimo giorno. Tornare dopo settimane passate nel profondo sud della Patagonia é stato come scoprire una città cambiata, che nell'arco di poco tempo si era aperta ad una nuova stagione, un balzo di temperatura impressionante, e la vita che esplodeva ben oltre mezzanotte, come se la prima volta non fosse abbastanza sera d'estate. Era come se potessi ora osservare questi colori con un'intensità nuova. Così ho passato le ultime ore alla Boca, prima, tra i canali del Rio de la Plata, poi, ed infine tra i mercati della domenica di Sant'Elmo. In pochi istanti ho riunito immagini e sensazioni estremamente differenti, così come i colori riflessi nella luce di una giornata calda ed il carattere stesso dei luoghi, i caratteri anzi, fortissimi e peculiari, quotidianità opposte, tra ozio spensierato e palcoscenici montati ad arte, almeno in parte, davanti ad una realtà che é ben più ruvida. Ne ho gioito, e forse in certi istanti ho abbandonato un po' di saudade. Ho raccolto tutto, proprio come delle cartoline comprate alla fine, e non ancora scritte quando si é sulla strada del ritorno.
"La Vuelta de Rocha era un cuadro natural y magnifico, siempre igual y siempre diferente. Alli estaban los trabajadores del puerto. Con sus largos dias de duro trabajo. Lo unico que faltaba era expresarlo, interpretarlo y convertirlo en obra de arte."
(Benito Quinquela Martin)
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