Qui dovevo andare, oggi, assolutamente... anche se i biglietti di ingresso erano spariti in un attimo, anche se da questo pontile proteso sull'oceano, dove normalmente gente di mezz'età si crogiola al sole attendendo che l'amo scompaia sott'acqua per imbracciare la canna da pesca, conosco l'ora, con precisione assoluta, ma non il punto esatto dove guardare, verso nord, oltre la fitta vegetazione e sagome che sembrano brillare e tremare nella calda atmosfera radente la superficie del mare. Le cerchi con l'obiettivo a massimo zoom, ma sembra che neanche questo possa valicare certi limiti di sicurezza. Perchè nell'aria tersa sotto un cielo limpido, mentre osservi tartarughe marine e lamantini apparire come sagome a pelo d'acqua, viaggia trasmessa dalla radio la voce metallica disturbata da quel tipico rumore di sottofondo che preannuncia il count-down per un nuovo lancio, e tu sai che là dietro lo Space Shuttle è pronto in rampa di lancio e le operazioni procedono scandite secondo una sequenza impeccabile. Poi il boato che giunge lontano quasi fosse un'eco, ed un dardo infiammato che spunta verticale lasciando dietro di sè una scia inconfondibile, e sale verticale, sempre più rapido, avvitandosi su se stesso e tracciando una linea precisa nel cielo più azzurro. E' un punto luminoso, ormai... ed è un'emozione... perchè se ipoter volare è un sogno, questo volo, questa salita tanto ripida e vertiginosa da mettere i brividi solo a guardarla dal basso, è il sogno più grande...
Quel sogno in cui ti sembra di camminare tra i padiglioni del Centro Spaziale, dove animazioni tridimensionale, ricostruzioni, razzi e vettori spaziali narrano una vera e propria epopea, una conquista, costellata di enormi soddisfazioni e toccanti tragedie. Impossibile descrivere tutto, il gigantesco edificio di assemblaggio e altri visti solo da lontano, tra un punto e l'altro, mentre un autobus corre schivando coccodrilli e facendo volare via uccelli maestosi, le rampe di lancio affacciate sull'oceano come fossero sentinelle in attesa, il parco di razzi che primi di qualunque altra cosa nel raggio di miglia salutano la luce dorata del mattino, e il Saturn V, quello utilizzato per le missioni verso la Luna, scintillante e mostruosamente gigantesco, disteso nella pancia di un enorme padiglione, dal soffitto del quale pendono tutti gli stemmi delle missioni Apollo e le piccole grandi storie che ognuna ha saputo narrare. Quella conquista che oltre l'inevitabile retorica e la punta di autocelebrazione con cui ti viene mostrata, senti anche un po' tua. Perchè immagino che chiunque, prima o poi, sogni le stelle, le osservi disteso su un prato una sera d'estate, e si domandi come sia il mondo da lassù e se mai quel mondo potrà vederlo con i propri occhi, e sentirsi magari per un attimo un piccolo principe con un pianeta tutto suo davanti ai propri occhi...
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