"...Eccole. Sono le rose del deserto, le rose di Atacama. Le piante sono sempre lì, sotto la terra salata. Le hanno viste gli antichi indios atacama, e poi gli inca, i conquistatori spagnoli, i soldati della guerra del Pacifico, gli operai del salnitro. Sono sempre lì e fioriscono una volta all'anno. A mezzogiorno il sole le avrà già calcinate..."
(Luis Sepulveda)
16-17, 21-22 Novembre 2018
Atacama é un altro di quei luoghi misteriosi cui é sempre bastato il nome per farmi andare con la fantasia, il deserto più arido, il cielo più limpido. Atacama é un sogno che ho sempre avuto, un nome evocativo sperduto sulla carta geografica, la leggenda di una rosa troppo preziosa per essere vista, ed un mondo di rocce e colori che brillano di forza intrinseca, da qualche parte. E' il Camino del Indio, marcato da una fila di sassi appuntiti, un sentiero quasi invisibile, ma che né il vento, né la sabbia, né la forza della terra, riuscirà a cancellare, perché é nella memoria, nei colori di una bandiera a strisce cucite, é un suono misterioso che si propaga nel nulla.
"...Io voglio che tutti i poeti cantino la rosa rossa e la rosa bianca, gli occhi azzurri e gli occhi neri, i giorni di sole sulla sabbia e le notti di ombra tempestuosa. Io voglio che tutti cantino i loro amori..."
(Pablo Neruda)
Sono abbagliato dai colori, i riflessi sull'acqua immobile di laghi nascosti, che appaiono improvvisi tra contorni di sale, minerali, pietre che sembrano una collana preziosa. Oltre 4000 metri di altitudine. Ed il cielo che é una distesa azzurra. Termina, là in fondo da qualche parte, dove il confine scompare ed il mondo é capovolto, un'unica grande tela che fa sentire l'ebbrezza di camminare sospesi. Leggero. Come il corpo dei fenicotteri, prima qualche decina, poi centinaia, in un paesaggio che abbaglia, ora, cristalli di sale, ovunque, che nella loro fragilità scricchiolano sotto le scarpe, in un flebile confine dove la vita riesce comunque a trovare una via e conquistare il proprio posto. I riflessi, il manto di sale, i fenicotteri a portata di mano: credo di non aver mai visto un luogo del genere, eppure é qui, a pochi chilometri da San Pedro, la prima meraviglia nascosta nel deserto.
Sveglia a notte fonda, in attesa. Il deserto é ancora gelido, e la notte risplende in una volta stellata che abbaglia malgrado il passaggio di luna. Notte fonda, ed una carovana di minibus si muove nel deserto su piste nascoste, sobbalzando in continuazione. Sempre più in alto di quota. Perché é necessario tutto il freddo dell'alba per poter osservare la terra che erutta, sbuffando, acqua salmastra ed odorosa. Per arrivare ad un'altra meraviglia nascosta, un altro fenomeno che non avevo mai visto di persona, un campo di battaglia dove crepe nel terreno sono come ferite che ribollono sangue, sputando colonne di fumo e fontane di acqua rovente, che ricaduta a terra spacca le rocce, le corrode, e le dipinge di colori intensi.
Le Lagunas Escondidas sono un altro luogo segreto incastonato in un punto imprecisato del deserto. Un deserto di sale, dove ogni piega del terreno sembra zenzero inzuccherato. L'acqua é talmente densa da sembrare olio, e da ascuiugarsi in fretta sulle mani lasciando cristalli di sale a forma di gocce sulla pelle. Sotto un cielo cocente, mentre da lontano monta il vento della sera, sono lontano da tutto, ore di guida sconnesse e nient'altro che un silenzioso deserto che mi osserva da ogni lato, sia esso il profilo di un vulcano, la cordigliera sul lato opposto, o questa distesa di sale che in lontananza sembra vibrare di vita e riflessi. Fata Morgana, così la chiamano nel Sahara. Miraggio, illusione, sirena ammaliatrice che chiama ed attrae. Come le conche nel terreno, voragini limpide e turchesi, occhi profondi di una purezza disarmante, mondi senza vita che nell'intensità dei colori ipnotizzano ed invitano all'abisso, mai così affascinante.
Non ho considerato il vento che sale nel tardo pomeriggio. Spazza il deserto con una violenza inaudita. Sono perduto nella Valle di Marte, anche se la storpiatura di questo luogo - della Muerte - non potrebbe essere più appropriato in questo momento. Sono avanzato, sfinito, maledicendo me stesso per come sono arrivato quassù, su una collina di sabbia e di vento, che affondavano in continuazione, per arrivare in cima, su un trampolino nel vuoto, un precipizio sul deserto, quello rosso e roccioso di un altro pianeta.
Ho attraversato valichi lungo rocce piegate dal vento, ho vacillato sul bordo di un cratere lunare, ed infine sono salito lungo la spina dorsale della cordigliera. Un'ultima sera, un ultimo tramonto, sul deserto più arido del pianeta. Sempre che sia ancora questo pianeta: la luna, marte, ogni luogo guarda all'astronomia per descrivere se stesso. Questa sera, ora che la luna ormai piena sorge slle spalle del Licabuntur, il vulcano padre, il confine con la Bolivia, i miei giorni passati in un mondo incredibile fatto di meraviglie nascoste. Ora, che questo viaggio é ormai agli sgoccioli, ed io non ho trovato un modo adeguato di narrarlo, osservo un'ultima volta il deserto di Atacama, sospeso tra sole al tramonto e luna crescente, proiettata sulla valle che prende il suo nome.
Le croci fatte da due tronconi di legno uniti da un chiodo arrugginito e fil di ferro, sono il profilo desolato dietro un muretto bianco alle porte di San Pedro de Atacama. Un luogo dimenticato, da immaginario western, dove un ferro tintinna da qualche parte ed un paio di mulinelli colorati girano al vento. Altrove sono cumuli di sabbia e l'ombra traforata di un alberello scheletrico. Nelle infinite variazioni di narrare il dolore e la speranza, come in altri luoghi, durante questo mese, sono chiese e camposanti a raccontare un pezzo importante di popoli e culture. Ho attraversato villaggi antichi ed isolati, un pugno di case, a volte anche di meno, dove ogni cosa sembrava perduta. Oltre un cancello di ferro batturo, un'arcata in calce bianca ed una campanella sospesa, c'era una chiesetta di terra battuta ed un tetto di paglia che nell'ombra del suo piccolo interno custodiva un po' d'aria fresca ed immagini scolpite nel legno e colorate di toni accesi. Ho pensato ancora al Camino del Inca, all'Altipiano, al sole feroce ed al vento inclemente, ai colori della bandiera, e ad una strada nascosta che si perde tra mulinelli di sabbia, alle piante del deserto dai gusti più strani, e ad una rosa nascosta nel terreno, ad attendere anni per un goccio d'acqua che le doni la vita.
"...Qualche mese dopo Fredy mi mostrò il nord. Il suo nord. Arido, riarso, ma pieno di ricordi e sempre pronto al miracolo. [...] Alle dieci del mattino il deserto di Atacama si mostrava in tutto il suo spietato splendore, e io capii definitivamente perchè la pelle dei suoi abitanti appare vecchia prima del tempo, segnata dal sole e dai venti impregnati di salnitro..."
(Luis Sepulveda)
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