Camminare in una grande città. Chissà perchè ogni tanto mi viene in mente questo ritornello. Ho scoperto ieri che lo cantava nientemeno che Cristina D'Avena. Mi risuona nella mente quando da qualche parte, armato di macchina fotografica, sono in giro, cerco qualcosa da fotografare e magari attendo che la luce cambi, che diventi scuro perchè le luci mi piacciono da impazzire, o che qualcuno o qualcosa passi e non rientri nell'inquadratura. Scatto scatto e scatto... poi irrimediabilmente cancello. Così, incamminato verso l'Erasmus Bridge, uno dei capolavori di architettura moderna di cui si fa vanto Rotterdam, sospeso sulla Mosa, aspettavo che la sera scendesse e ripercorrevo avanti ed indietro questa lunga passerella protesa nel nulla, per una volta fortunatamente risparmiata dal vento. Camminare in una grande città. Le luci si accendono ovunque e popolano il profilo squadrato della città che a poco a poco viene inghiottito dal buio. I grattacieli vivono allora soltanto di quei punti luminosi, che chissà mai cosa nascondono dietro, e scie di luce si imprimono sulla pellicola mantre cerchi di tenere la mano il più ferma possibile affinchè non si perdano i dettagli del paesaggio nel quale vengono tracciate. E' un ponte, il mio paesaggio. Lunghissimo, sinuoso, con quell'ampia curvatura all'imbocco, ed elegante, coi tralicci disposti a vela che rimangono in tensione. Quasi lo senti oscillare..., lo sentiresti di sicuro se ci fosse solo un po' vento. E più in là, mella zona del vecchio porto, profili di vecchie navi, magari trasformate e riutilizzate, e di quelle gru da carico e scarico, illuminate a colori intensi che ne esaltano la struttura, si stagliano davanti a palazzi slanciati e moderni, talvolta definiti da miriadi di puntini o da linee luminose tracciate con una squadra.
E' vicina, parecchio, Rotterdam, eppure non ci sono andato che poche volte. Sabato scorso il tempo era incredibilmente bello, per il periodo, tanto che durante il giorno non era nemmeno freddo. Il sabato, tutti i centri cittadini si riempiono di vita, un viavai che mai immagineresti durante il resto della settimana. Prima che i negozi chiudano, ovviamente... alle cinque di pomerigio, peraltro. Questa idea mi fa impazzire, a volte... Sono andato, spinto dal bel tempo, dalla voglia di curiosare in mezzo a tutto quel viavai, e di rifugiarmi poi in un museo che, pur tanto famoso non avevo ancora visto, aspettando che diventasse scuro, appunto. Un museo all'interno del quale spazi riservati all'arte del Duecento erano sistemati accanto ad installazioni di arte contemporanea. Un accostamento insolito, forse... almeno per me, che arrivo a comprendere fino ad un certo periodo, oltre il quale entro un po' in crisi, fino ad arrivare ai giorni nostri, per cui, a parte qualche eccezione che può apparire interessante, a me risulta totalmente incomprensibile, spesso anche nel valore in sè di ciò che viene proposto. Ecco, pensavo che di solito si dividono, i musei, tra arte “tradizionale”, nel senso di come usualmente vi pensiamo, moderna, e infine addirittura contemporanea. Qui il fatto curioso era che tutto faceva parte dello stesso percorso. Un percorso che per la propria ricchezza avrebbe benissimo potuto essere frazionato. Ecco, questo è un aspetto che ritrovi spesso, qui, specie quando guardi al paesaggio, urbano e non. A volte ne resti sconcertato. Almeno per quanto mi riguarda. E Rotterdam, città moderna e completamente ricostruita al termine della guerra, tanto da essere a volte chiamata Maashattan, ne è un esempio significativo.
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